VINCENZO MALARA
Cosa Fare

Pokemon mania, Modena si trasforma in un videogame

Dilaga tra i giovani il gioco basato sui personaggi della Nintendo, tanti a caccia di mostri col cellulare

Centinaia i giovanissimi che in centro si organizzano per andare a caccia dei pokèmon

Centinaia i giovanissimi che in centro si organizzano per andare a caccia dei pokèmon

Modena, 21 luglio 2016 - Che l’invasione dei Pokèmon abbia inizio. Da qualche giorno siamo una città ‘sotto attacco’, un universo parallelo dove nei parchi, nelle strade e vicino ai monumenti storici si nascondono i mostriciattoli ideati da Satoshi Tajiri nel lontano 1996, diventati il secondo videogame più venduto al mondo dopo Super Mario Bros, nonché una serie di cartoni animati che ha fatto impazzire una generazione. Il gioco per smartphone ‘Pokémon Go’ sta dilagando anche sotto la Ghirlandina, con migliaia di giovanissimi, ma non solo, trascinati da una moda senza precedenti. Tanto da sconvolgere abitudini e scatenare in pochi giorni un’autentica mania riflessa nelle orde di ragazzi che dal mattino alla sera esplorano la città con il cellulare rivolto al cielo, in una sorta di rito sociale collettivo che sta incontrando entusiasmi ma anche dure critiche per la distrazione cronica che prende in ostaggio i giocatori (guardare il video della folla a Central Park per credere!).

Come funziona? Sfruttando la realtà aumentata della fotocamera e il Gps ogni player deve vagare per il mondo (quello vero) per catturare Pokémon, con l’obiettivo di farli diventare più forti. Insomma, grazie all’applicazione Modena assume contorni virtuali dove ovunque e dovunque può nascondersi un personaggio da cacciare. Anche noi abbiamo provato a scaricare la app della Nintendo e l’esperienza è stata inedita, originale e a tratti spiazzante. Prima di tutto bisogna personalizzare il nostro alter ego con abbigliamento, scarpe e zainetto. Immancabile il nome, che però non sempre viene accettato dall’applicazione, tanto da costringermi ad inserire un improbabile ‘Ulbrico’. Il mio giro di prova è alla sera in campagna: sulla mappa, però, non sembrano esserci Pokémon nelle vicinanze. Salgo in auto per fare qualche chilometro ma niente da fare: meglio provare in città. Il giorno dopo mi sveglio di buon ora e raggiungo il Parco della Repubblica: le decine di guide che spopolano sul web suggeriscono di concentrarsi sulle aree verdi, meglio se a ridosso di specchi d’acqua, perché è lì che si nascondono le specie più rare. Pochi minuti e il cellulare vibra: alle mie spalle c’è un Charmander. Sfruttando il touchscreen dello smartphone lancio la pokéball contro l’animaletto e lo abbatto. E’ fatta: sono ufficialmente un cacciatore. Intorno a me la mappa virtuale mostra palestre dove allenare i ‘prigionieri’ e shop in cui acquistare esche e poteri, ma non ho ancora raggiunto un livello sufficiente per accedervi. Rimonto in macchina e mi sposto al parco Amendola. Superato il bar, lo schermo del cellulare svela un altro obiettivo a pochi metri: uno Zubat, ovvero una specie di pipistrello imprendibile. E in effetti, nonostante i ripetuti tentativi, fallisco miseramente la battaglia e la cattura.

Ma è in centro storico che si rifugiano i Pokémon più rari e interessanti. Non faccio in tempo ad avventurarmi in corso Canalchiaro che un gruppo di ragazzi attira la mia attenzione in largo San Francesco. Sono a sedere all’ombra con gli immancabili cellulari tra le mani. Il loro sguardo passa incessantemente dallo schermo agli edifici circostanti: stanno cercando qualcosa «E’ per caso Pokémon Go?», chiedo quasi imbarazzato. La risposta è spontanea e disarmante: «Abbiamo appena piazzato delle esche sulla chiesa e stiamo aspettando che attirino i mostri,». Ascolto e imparo. Faccio vedere il mio score e vengo travolto da sguardi impietosi. «Hai bisogno di un po’ di aiuto, temo!», confida uno dei giovani. Mi unisco così ai 15enni Nicolò, Enzo, Luca e Giulio: insieme, coi cellulari puntati inevitabilmente sulla strada, ci dirigiamo verso Piazza Grande. Provo a fare un corso accelerato di Pokèmon Go, ascoltando trucchi e imbeccate, ma la carrellata di vocaboli e comandi è un rebus quasi ipnotico.

«Siamo venuti apposta da Castelfranco in bici perché qui in città si trovano più Pokémon – confidano –. Giorni fa ne abbiamo scovati a Riolo vicino a un canale ma bisogna camminare per chilometri e chilometri». Nel frattempo, sotto i portici, ci supera un gruppo di ventenni che a fatica trattiene l’entusiasmo: «Giriamo in via Servi, le orme portano da quella parte». Poi dalla Ghirlandina ecco spuntare altri due giocatori appoggiati alla Preda Ringadora. Perplesso e allo stesso tempo incuriosito, scruto nuovamente il mio Pokémon Go. Mi accorgo che in piazza Grande c’è di nuovo uno Zubat, il pipistrello che poco prima mi ha beffato al Parco Amendola. Consapevole della mia scarsa abilità chiedo aiuto a uno dei ragazzi. Gli basta un tocco col pollice per lanciare la pokèball e catturarlo. Non riesco a ringraziarlo. I quattro amici sono già risaliti in sella alla loro bici e pedalano all’impazzata: «Andiamo a Modena Est – si giustificano –, dalla mappa risultano decine di esche. Presto ci saranno tantissimi Pokémon». Più mania di così...