«Salviamo le donne dalla strada con preghiere e rose bianche»

Viaggio con il gruppo ‘Scegli Gesù’ nei luoghi della prostituzione

Una prostituta (foto d'archivio)

Una prostituta (foto d'archivio)

Modena, 22 maggio 2016 - Quando le auto iniziano ad accendere i fari, loro silenziosamente compaiono lungo le principali vie della città. Passeggiano sotto i lampioni o stazionano immobili nelle aree sosta dei benzinai. Aspettano seminude uomini a cui vendersi per pochi euro. Alcune lo fanno per scelta, troppe sono invece forzate da sfruttatori spietati. O dalla vita. Ogni mese una ventina di giovani del movimento ‘Scegli Gesù’ le incontrano, andandole a cercare sulla strada. Portano loro un po’ di calore: un the o un caffè, ma soprattutto un abbraccio e parole affettuose. Offrono una rosa bianca al cui stelo senza spine è legato un biglietto con una frase del Vangelo. Prima di andarsene lasciano un numero di cellulare al quale possono chiamare già la mattina successiva. Anche e soprattutto per chiedere aiuto. Abituate ad aver a che fare con magnaccia o clienti senza scrupoli, accettano volentieri le visite di questi giovani dalla ‘faccia pulita’ e si lasciano andare prima che la realtà le richiami brutalmente. Siamo andati con loro. Il ritrovo è alle 21.45 in via Cherubini numero 35, dove ha sede la chiesa evangelica del ‘Ministero Sabaoth’. Il pastore Luigi ha in mano la cartina della città con evidenziati i luoghi della prostituzione. Su un foglio bianco i nomi dei volontari presenti, che si divideranno in auto destinate a zone differenti. Una volta completato l’elenco, le raccomandazioni: «siate gentili», «portate speranza per aiutarle a cambiare vita», «non siate insistenti», «non giudicatele», «sono principesse di Dio». Qualche minuto di preghiera, e poi si parte. Luigi ci accoglie sulla sua vettura insieme alla moglie Estelinda, a Luisalba e Sefora. Insieme ci dirigiamo sulla via Emilia direzione Reggio. La prima tappa è proprio sul confine. Elena ha 38 anni, viene dalla Romania. «Ho fatto l’imprenditrice per 12 anni - inizia a raccontare -, poi mio marito è diventato alcolista e mi sono separata. Ho lasciato mio figlio 15enne ai miei genitori, e sono venuta in Italia. Per alcuni mesi ho fatto la sarta, poi è arrivata la crisi. E ho iniziato a vendermi sulla strada per mangiare e mandare soldi ai miei cari». Il gruppetto l’abbraccia rincuorandola, lei scoppia in lacrime. «Mi sento in colpa» ripete più volte, mentre un padre di famiglia su una Bmw X5 accosta per chiedere una prestazione sessuale. Estelinda lo allontana in malo modo e porge a Elena la prima rosa bianca. Con gli occhi rossi e lucidi legge il biglietto. Lascia il suo numero, invoca un lavoro dignitoso per smettere «questo calvario umiliante». Poco più avanti, c’è Chiara. Ha 24 anni ed è ucraina. È venuta a Modena per fare la badante. La causa? Un brutto divorzio. L’ex marito «è musulmano e voleva almeno un figlio maschio. Io ho dato alla luce due femmine e per ragioni di salute non posso fare un terzo figlio. Mi ha cacciata». Qui dopo poche settimane si è trovata sulla strada. I soldi che guadagna li porta «a casa ogni due mesi». Sostiene di non avere protettori, anche se i ‘movimenti’ scatenati dall’incontro col nostro gruppo inducono a pensare il contrario. Lascia frettolosamente il suo numero di cellulare, «così svestita mi vergogno a rimanere con voi. Ma domani chiamatemi, voglio incontrarvi». Dice una preghiera a Gesù, beve un bicchiere di the caldo e saluta. Erica è albanese. Ha 28 anni e sostiene di essere arrivata nella nostra città con l’inganno. La sua parrucchiera di fiducia, trasferitasi qui da due anni, le aveva «promesso un lavoro ‘normale’. Ma appena arrivata mi hanno portato a battere sulla strada». Il primo mese ha incassato 3mila euro. Ma quella donna e il suo compagno «se li sono fatti consegnare quasi tutti, a suon di botte». Quando le chiediamo se c’è un racket, nega ma di nascosto con una mano telefona a un cellulare per far sentire la conversazione. Arriva una ‘collega’ e la invita a non perdere tempo e lavorare. Se ne va frettolosamente. Camilla di anni ne ha 48, è arrivata dall’Albania oltre due decenni fa. Ha un lavoro regolare, ma nel fine settimana si prostituisce per «arrotondare. Mio marito aveva acceso un mutuo per comprare i mezzi per lavorare, dopo poco è morto in uno schianto». Le mancano 8mila euro «per estinguerlo, poi torno in patria. E intanto questi soldi mi servono anche per mantenere mia figlia all’università. Se sa qualcosa? Ci mancherebbe, vive in un’altra città e non sospetta...». Dopo aver allontanato un giovane motociclista – «Ehi, stai lavorando?», «Ma vattene»–, ci mette in guardia: «Attenti alle albanesi giovani, fanno parte di un giro con sfruttatori violenti. Non fate troppe domande, sennò correte seri rischi». Ringraziamo e proseguiamo il nostro viaggio al termine della notte. Alcune non vogliono parlarci. Altre raccontano drammatiche storie vere o solo verosimili o diventate veritiere a forza di ripetersele. I più estroversi sono i trans: sudamericani, quasi tutti credenti. Parlano volentieri e ridono facilmente. Non hanno papponi, sono liberi di gestire il loro tempo. L’ultima ragazza che incontriamo si fa chiamare Cassandra. Ha 21 anni e una figlia di poco più di un anno a casa - in Moldavia - con la nonna. Alcuni mesi prima della sua nascita è finita «in un giro di usurai. Sono qui per guadagnare soldi e tornare libera, ma è sempre più difficile». Da barista ha lavorato in città solo pochi mesi. Poi ha iniziato a prostituirsi. Ma riesce «a malapena a mettere via un po’ di denaro. Quando i proprietari dell’appartamento dove abito hanno capito che faccio ‘la vita’ mi hanno alzato l’affitto». E da alcune settimane «gira una banda d’italiani che ci rapina; l’abbiamo già segnalata alle forze dell’ordine. Lasciarvi il mio numero? No. Ormai non ho speranza in niente. Pregate però almeno voi per me, pregate tanto. Io così non posso durare a lungo». Sono le 2,45. Il gruppo degli evangelici torna in via Cherubini consapevole in cuore di aver fatto tanto. Ma che ancora tantissimo c’è da fare. Spera di riuscire a incontrare qualche ragazza nei giorni successivi, di poterle dare una mano a cambiare vita. E intanto fissa una nuova data per tornare in strada.