Ravenna, finto made in Italy, scatta il maxi sequestro di vestiti

L’indagine è partita da una segnalazione di cittadini di Lugo

Ravenna, finto made in Italy, scatta il maxi sequestro di vestiti

Ravenna, finto made in Italy, scatta il maxi sequestro di vestiti

Ravenna, 18 luglio 2017 – Maxi sequestro di vestiti con la falsa etichetta Made in Italy ma in realtà di matrice cinese. La guardia di finanza di Ravenna, nei giorni scorsi, ha sequestrato circa 13mila capi di abbigliamento ed accessori irregolarmente muniti di cartellino con la dicitura ‘fabbricato in Italia’ oltre a 15mila etichette della stessa tipologia pronte per essere applicate.

La recente attività dei finanzieri rappresenta lo sviluppo dell’operazione ‘wonderland’, che nello scorso mese di aprile aveva consentito alle fiamme gialle della tenenza di Lugo di individuare un vero e proprio raggiro realizzato da una catena di negozi di abbigliamento gestiti da cinesi a discapito dei consumatori che, a causa delle false indicazioni di origine apposte sui prodotti commercializzati, venivano indotti ad acquistare capi di abbigliamento di provenienza cinese come se fossero di qualita’ tutta italiana.

In questo ambito, gli investigatori sequestrarono 2.500 capi di abbigliamento dopo aver scoperto che il negozio dove si vendevano i falsi faceva parte di un’ampia catena commerciale gestita da tre cittadini cinesi residenti a Bologna, formata complessivamente da 14 punti vendita a Lugo, e anche nelle centralissime vie dello shopping di Bologna, Genova, Firenze, Treviso, Pisa e Lucca.

Dopo questo primo sequestro le indagini dei finanzieri sono proseguite ed e’ emerso che le societa’ attraverso le quali venivano gestiti i punti vendita non erano produttrici dei capi di abbigliamento venduti (ne’ direttamente ne’ tramite terzisti) e, pertanto, non potevano attribuire ai beni commercializzati alcuna indicazione di origine. Inoltre, gli investigatori hanno scoperto che dopo i sequestri di aprile, gli indagati avevano aperto un nuovo punto vendita a Jesolo e costituito una nuova società, mettendo in liquidazione una delle aziende indagate. Da qui sono scaturite le nuove perquisizioni, disposte dalla Procura di Bologna, concluse con il recente maxi-sequestro.