RAIMONDO MONTESI
Cronaca

"Antonio e Cleopatra, uno scontro tra culture"

L’opera di Shakespeare viene portata in scena da domani a domenica da Valter Malosti che firma anche traduzione e adattamento

Valter Malosti e Anna Della Rosa

Valter Malosti e Anna Della Rosa

Due "straripanti protagonisti di un’opera basata sulle opposizioni: maschile e femminile, dovere e desiderio, letto e campo di battaglia, giovinezza e vecchiaia, antica verità egiziana e realpolitik romana", due personaggi "politicamente scorretti e pericolosamente vitali". Sono ‘Antonio e Cleopatra’ di Shakespeare, testo raramente portato in scena in Italia, nonostante sia un capolavoro. Ne è convinto Valter Malosti, che da domani (ore 20.45) a domenica sarà al Teatro delle Muse di Ancona con uno spettacolo di cui firma traduzione e adattamento insieme a Nadia Fusini, oltre a interpretare Antonio al fianco di Anna Della Rosa (Cleopatra).

Malosti, lei parla di ‘un’immagine monumentale ed esotica dell’opera, che ci arriva dritta dall’Ottocento’, e che ‘non ha contribuito alla sua fruizione’. Per questo non viene riconosciuto il giusto valore ad ‘Antonio e Cleopatra’? "E’ un testo che conoscono in pochi, perfino fra i traduttori. Noi abbiamo negli occhi il film di Mankiewicz con Richard Burton e Liz Taylor, o i ritratti di Cleopatra di Andy Warhol ‘ispirati’ alla stessa Taylor. Il mito dell’antichità è diventato un mito della modernità, ma pochi sanno che nell’opera ci sono alcuni dei versi più alti di Shakespeare. E’ un’opera complessa, con tanti stili e cambiamenti di scena. Ci sono 46 o 47 ambienti diversi. Ma Shakespeare rende tutto semplice, attraverso un montaggio ‘cinematografico’ fatto con la mente. L’importante è far sentire il ritmo e la musicalità dei versi".

Per questo ci voleva una nuova traduzione? "Sì. Nadia Fusini è una delle angliste più importanti d’Europa. E’ stata un nume tutelare. La sua traduzione riconsegna questo capolavoro al nostro presente. Potercene riappropriare è un’operazione culturale importante".

Quello di Antonio e Cleopatra è anche un incontro tra culture e mentalità diverse? "Antonio, uomo occidentale, sprofonda nel mondo orientale, sceglie di abbandonarsi a quella realtà, anche se all’epoca i regnanti in Egitto erano di origine greca. In ogni caso c’è una specie di scontro tra due culture differenti. In una, quella orientale, c’è ancora molto presente il contatto con la divinità, con la natura, che diventa dea. Dall’altra parte invece c’è il realismo ragionatore dei romani, con le loro guerre di conquista Antonio si trova in mezzo a queste due correnti e sceglie, anche per amore, il mondo orientale. Antonio e Cleopatra, poi, si ispirano a Iside e Osiride, un riferimento ben presente in Shakespeare".

Lei ha parlato anche di poema che ‘santifica l’eros’. Viene in mente l’Ecclesiaste... O in fondo ‘Antonio e Cleopatra’ è ‘solo’ uno splendido esempio di amour fou? "L’Ecclesiaste? Certo, ma anche qui c’è una belle querelle. In realtà alla fin fine questo substrato non importa al grande pubblico, per il quale l’opera resta una grande storia d’amore. Perché Eros è il vero protagonista".

A livello scenografico che scelte sono state fatte? "E’ un allestimento tridimensionale, molto giocato sull’architettura. La scenografa Margherita Palli è stata allieva di Gae Aulenti. E’ bravissima, come ha dimostrato anche lavorando al Rof di Pesaro. Sul palco, tra l’altro, c’è una tomba-monumento che si ispira al Novecento. C’è un lavoro molto forte anche a livello musicale. Una sorta di lavoro ‘cinematografico’, con il suono che diventa una cosa concreta".

Raimondo Montesi