Claudio Vignoli: "Valuto l’olio al top nel mondo"

Jesi, Claudio Vignoli è l’unico italiano nella giuria chiamata in Canada. "Prodotto sottovalutato"

Claudio Vignoli, del gruppo omonimo, sommelier dell’olio e Maestro Oleario internazionale

Claudio Vignoli, del gruppo omonimo, sommelier dell’olio e Maestro Oleario internazionale

Jesi (Ancona), 27 maggio 2021 - Claudio Vignoli, ceo dell’omonimo gruppo jesino specializzata nella consulenza tecnica e commerciale per i produttori di olio di oliva, in questi giorni è stato chiamato nella giuria del Canadian International Olive Oil. È l’unico italiano in un panel di esperti assaggiatori di varie provenienze, che nel prossimo fine settimana in Canada giudicheranno i migliori oli ’evo’ (extra vergine di oliva) del mondo. Attivo da 25 anni nel settore dell’industria olearia, Claudio Vignoli ha fondato nel 2007 questa società di consulenza tecnica e commerciale, che affianca sia i produttori di olio d’oliva sia quelli di macchinari per l’olivicoltura aiutandoli ad affrontare nuovi mercati e a intercettare nuovi sbocchi. Sommelier dell’Olio d’oliva e Mastro Oleario riconosciuto a livello internazionale, Vignoli viaggia quasi tutto l’anno nei principali Paesi produttori di olio d’oliva.  

Lei sarà l’unico Italiano a giudicare i migliori oli d’oliva, le Marche che ruolo giocano? "Pur non essendo tra le regioni italiane più produttive (45mila quintali annui per 7.200 ettari), le Marche forniscono un olio evo di elevata qualità per l’alto contenuto di polifenoli e per l’acidità massima (0,4%). Tuttavia, solo in anni recenti l’olio marchigiano ha ricevuto il titolo di Igp. È quindi chiaro come ci sia ancora moltissimo lavoro da fare in termini di posizionamento sul mercato". In che modo? "Occorre puntare sulla qualità rispetto alla capacità produttiva. In questo senso i concorsi oleari, soprattutto internazionali sono un importante strumento di promozione. Qualsiasi azienda nominata per un premio, ottiene visibilità gratuita e una maggiore consapevolezza del proprio marchio anche sui mercati esteri, specialmente Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Giappone e alcuni paesi del Sud-Est asiatico, dove i consumatori danno molta importanza a questi riconoscimenti e sono disposti a pagare un prezzo più elevato". Ci sono delle opportunità che ad oggi non sono state colte? "Per cogliere tutte le opportunità dei mercati esteri il produttore deve affrontare una serie di barriere burocratiche, oltre che commerciali. Ogni Paese richiede standard specifici, anche in termini di etichettatura, perciò occorre essere bene informati su tutte le pratiche. L’olio evo ha un potenziale ancora sottovalutato soprattutto dai ristoratori italiani. Questo perché, a differenza del vino, l’olio non viene addebitato sul conto, e quindi non è percepito come fonte di reddito". Cosa si potrebbe fare per invertire la rotta? "Ci sono diverse forme per recuperare il costo e magari generare anche un nuovo guadagno. Guardiamo a Paesi come la Spagna o gli Usa, dove per esempio esistono già delle carte degli oli extravergini, al pari di quelle dei vini, e si propongono accurati percorsi di degustazione. Sempre più ristoratori stanno poi creando etichette di olio evo personalizzate, con logo e nome del locale. Una scelta che permette di offrire un prodotto personalizzato che si trasforma anche in un veicolo pubblicitario per il ristorante stesso". Un suo sogno? "Trasmettere la cultura dell’olio d’oliva non solo ai professionisti del settore, ma anche ai consumatori finali, soprattutto in quei Paesi che, per cultura e tradizione, non sono consumatori di questo eccezionale prodotto".