
Calogero con uno degli animali abbandonati di cui si prende cura per la sua attività
Si sono conosciuti dietro le sbarre, dove il tempo può essere un macigno o un’opportunità. E loro hanno scelto la seconda via. Dal carcere di Montacuto arriva una storia di riscatto e speranza che ha i volti di Giovanni, 32enne tarantino, e Calogero, 36enne residente a Rosora. In cella hanno condiviso rabbia e silenzi, ma soprattutto un’identica urgenza: trasformare la pena in un progetto per gli altri. Così, è nata l’idea di fondare una Onlus per dare sostegno alle persone fragili e agli animali abbandonati, unendo le forze e le esperienze che entrambi avevano già maturato da uomini liberi. Un’amicizia nata in un luogo di sofferenza, diventata un cantiere di futuro. I due detenuti stanno lavorando senza sosta a uno statuto, a un organigramma, a un piano d’azione. Il loro obiettivo è fondere due realtà create in passato in un unico, grande progetto. Giovanni, prima dell’arresto, aveva dato vita a "La Fenice", associazione per il sostegno di disabili, ex detenuti e donne in difficoltà. Calogero, insieme alla compagna Stefania, aveva in progetto di aprire a Rosora "Il Rifugio dell’Amore", un porto sicuro per gli animali randagi. "Non vogliamo che quello che abbiamo costruito prima si disperda- spiega Calogero - lo abbiamo messo insieme qui dentro. Perché il carcere ci ha obbligati a scegliere se aspettare passivamente o agire. Non cerchiamo indulgenza, né chiediamo scuse. Chiediamo solo di poter essere parte di qualcosa di utile". La storia di Calogero è segnata da un profondo legame con gli animali, un amore messo a dura prova da un episodio drammatico avvenuto a Lampedusa, dove ha vissuto alcuni anni con la compagna Stefania prima del trasferimento nelle Marche. La coppia si prendeva cura di quasi venti cani, molti dei quali salvati dalla strada. Una dedizione che, nel 2024, si scontrò con una violenza cieca: ignoti avvelenarono i loro animali. Due morirono, tra cui Mojito, un labrador da salvataggio che Stefania considerava come un figlio. Sette cuccioli furono salvati per miracolo. Fu un evento traumatico che spinse la coppia a cercare un luogo più sicuro, portando con sé tutti i loro 17 cani e gettando le basi per quel "Rifugio dell’Amore" che oggi Calogero vuole far rinascere. Il progetto, nato tra le mura di Montacuto, ha già raccolto l’interesse e il sostegno di operatori penitenziari e di associazioni nazionali come Antigone e Nessuno Tocchi Caino. Chi li osserva all’opera parla di una determinazione contagiosa, capace di coinvolgere altri detenuti. Ora, Giovanni e Calogero lanciano un appello ambizioso, rivolto a un simbolo dell’imprenditoria italiana che non ha mai dimenticato le proprie radici. "Vorremmo che Diego Della Valle sapesse cosa stiamo cercando di fare – dicono – rappresenta un’imprenditoria che non dimentica le persone".