"E’ il degrado civile di questi tempi Ma così ci si nutre di ignoranza"

Lo storico jesino non ci sta: "Si tratta di un espediente per cercare facile pubblicità. E allora meglio non parlarne"

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"Un’iniziativa di pessimo gusto". Il critico d’arte jesino Armando Ginesi non ci sta a vedere una delle principali opere del pittore seicentesco sassoferratese trasfigurata dall’immagine di Chiara Ferragni nei panni della Vergine. Un affondo deciso nei confronti di chi ha commissionato l’artificio grafico, realizzato da Francesco Vezzoli per conto del periodico ‘Vanity Fair’ in cui è stata pubblicata l’intervista alla star della Rete. "E’ il riflesso – lo definisce Ginesi – di quel degrado civile e culturale di questi nostri tempi che si palesa ogni giorno. Mi chiedo che cosa ci si può aspettare in un’epoca in cui si vuol cancellare la storia confondendola con il presente, con il più assoluto ‘hic et nunc’ nutrito da ignoranza, ricorrendo alla ‘damnatio memoriae’ contro effigi scultoree antiche che sono solo lì a rappresentare documenti storici. Anche se riferiti ad eventi o ad atteggiamenti che la sensibilità odierna giustamente condanna (vedi lo schiavismo) ma che nel periodo in cui i personaggi effigiati operavano erano non solo perfettamente legali ma acquisiti dal sentimento culturale, dalla Weltanschauung di un’epoca".

Insomma, un tratteggio fortemente critico tanto della vicenda in se stessa, quanto di una realtà contemporanea basata sull’apparire. "Tornando alla ‘copia’ che ritrae la Ferragni elaborata da Vezzoli può essere considerata uno scherzo. E sappiamo bene che esistono scherzi intelligenti e scherzi cretini. Questo intelligente non è". Una serie di sferzate nette e decise, condite da un velo di immancabile ironia, ma anche una sostanziale assoluzione sull’altro aspetto focale, legato al fronte religioso. Ginesi, infatti, prende le distanze dall’esposto del Codacons, principalmente incentrato sulla sacralità dell’immagine, tanto che la stessa associazione a carattere nazionale ha rivolto le sue attenzioni non solo alla Procura, ma ha anche indirizzato l’esposto al ministro Franceschini e perfino a Papa Bergoglio perché si pronunci sul caso finito alla ribalta a carattere nazionale.

"Parlare di blasfemia, di offesa al sentimento religioso, di mancanza di rispetto per i cristiani e per l’arte, mi pare francamente eccessivo. E lo dico da credente e da critico d’arte. Piuttosto sono espedienti per cercare facile pubblicità a costo zero. L’unico modo per neutralizzarli è non enfatizzarli, anzi non parlarne per niente. Così abortiscono".

a.d.m.