Riders e algoritmi, la sfida per un lavoro dignitoso nell'era digitale

La diffusione delle tecnologie digitali ha trasformato l'organizzazione del lavoro, con il "crowd-work" che coinvolge i rider. Le piattaforme digitali gestiscono le consegne tramite algoritmi "blind", influenzando la vita dei lavoratori. La Commissione europea ha adottato misure per migliorare le condizioni dei lavoratori delle piattaforme online, ma resta il problema dei bassi salari e delle condizioni di lavoro precarie.

La diffusione delle tecnologie digitali ha determinato profonde metamorfosi sull’organizzazione dell’impresa. Si è delineato un nuovo modello organizzativo, che alcuni definiscono "crowd-work" (il lavoro della massa) ed è in questo contesto che opera il rider, un lavoratore che svolge l’attività di consegna di cibo o beni per conto altrui, con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore. La richiesta di consegna parte dalla piattaforma digitale che opera tramite un algoritmo e indica i turni, i luoghi della consegna e i tempi entro cui effettuarla, lasciando al lavoratore ben pochi margini di scelta. L’algoritmo che governa l’applicazione è spesso denominato "blind", perché non sono trasparenti i criteri utilizzati per le scelte. Più precisamente, dietro l’algoritmo agisce un metodo che consiste nell’apprendimento automatico sulla base di input forniti all’applicazione. Tra i comandi generati non c’è solo l’assegnazione di un turno a un rider, ma anche la decisione di non farlo più lavorare. La mancata consegna o un numero troppo basso di quest’ultime possono infatti portare alla sospensione o al blocco dell’account; quindi l’app si configura come il datore di lavoro e assegna sanzioni. Di certo, non si può dimenticare che questi lavoratori hanno in realtà un nome, un volto, una vita ed è necessario e doveroso che sia loro garantito un lavoro stabile, sicuro e dignitoso. In questa direzione la Commissione europea ha di recente approvato la direttiva volta a migliorare le condizioni dei lavoratori delle piattaforme on line. Da una parte sono definiti criteri per contrastare le false partite iva e dall’altro si richiede più trasparenza sull’uso degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale. È stato inoltre introdotto l’obbligo di "supervisione umana dei sistemi automatizzati per garantire la conformità alle condizioni di lavoro". È un passo in avanti per dare più tutele a una fetta dell’occupazione europea in forte crescita per il modello consumistico delle moderne società. Resta da risolvere però un altro elemento: circa il 55% degli occupati delle piattaforme guadagna meno del salario minimo del Paese. Nonostante questo, i riders hanno orari e carichi di lavoro pesanti e spesso svolti in condizioni estreme, che ne mettono a repentaglio la vita. Isabella Margotta, 3B