"Eutanasia, seconda condanna per l’Asur"

A denunciarlo l’associazione Coscioni: "Dopo il caso di Mario anche Antonio ha avuto il via libera dei giudici, ora tocca alla Regione"

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Nel giro di 7 mesi nelle Marche, dopo un primo provvedimento nel caso di Mario (nome di fantasia), tetraplegico da 11 anni, per il quale la procedura è ora ‘ferma’ sulla questione del farmaco da utilizzare - seconda ordinanza analoga del Tribunale di Ancona per Antonio, anche lui tetraplegico: sciogliendo la riserva dopo l’udienza del 18 gennaio, i giudici hanno ordinato all’Azienda sanitaria unica regionale di procedere alla verifica delle condizioni del malato per l’accesso al suicidio assistito. Lo fa sapere l’Associazione Luca Coscioni e dunque si riapre lo "scontro" con la Regione.

Il giudice ordina all’Asur, riferisce l’Associazione Coscioni, "di provvedere, previa acquisizione del relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare: se Antonio è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili; se sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; se le modalità, la metodica e farmaco prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile. Secondo l’ordinanza infatti ‘diversamente opinando, si arriverebbe a una abrogazione tacita della pronuncia della corte Costituzionale e al mantenimento dello status quo ante rispetto alla pronuncia’. Abrogazione – osserva l’Ass. Coscioni – che per legge non è possibile perché una sentenza della Corte Costituzionale non può essere riformata o cancellata dal Parlamento o da un Tribunale ordinario". "Anche in questo caso – dice l’avvocato Filomena Gallo, segretario Associazione Luca Coscioni e co-difensore di ‘Antoniò – i Tribunali affermano il diritto della persona malata a ottenere le verifiche necessarie così come previsto dal giudicato costituzionale per poter procedere legalmente in Italia con auto-somministrazione del farmaco letale. Il diniego opposto dall’Asur, alla luce della consulta e delle motivazioni contenute nella decisione del Giudice ordinario, risulta illegittimo. Il Giudice autore dell’ordinanza, nell’applicare la portata della sentenza costituzionale, – specifica la legale – precisa che la sentenza di incostituzionalità sul caso Cappato-Antoniani non si è limitata a dichiarare una condizione di non punibilità e i suoi requisiti, come sostenuto dalla difesa dell’Asur, ma ha altresì dettato dei presupposti procedurali che sono imprescindibili ai fini della non punibilità". "L’ordinanza – conclude – rigetta tutte le contestazioni formulate dall’Asur Marche che continua ad opporsi alla decisione della Corte costituzionale, sminuendone o addirittura cercando di annullarne la portata normativa".

Dal canto suo l’assessore reigonale alla Sanità Filippo Saltamartini ribadisce la posizione espressa con il primo caso: "È una questione che deve essere affrontata dal Parlamento". "Non c’è una legge" puntualizza l’assessore: "La sentenza della Corte Costituzionale depenalizza chi aiuta il malato" in presenza di determinate condizioni, "quindi deve esserci qualcuno che somministra la sostanza: al massimo in questo percorso la farmaceutica ospedaliera potrebbe fornire all’aiutante al suicidio la sostanza venefica", ma "noi non possiamo obbligare un medico a farlo".