Ancona, untore di Hiv malato di sesso. Al setaccio tutte le chat degli incontri

Gli inquirenti analizzano le community dove Pinti reclutava uomini e donne

Claudio Pinti

Claudio Pinti

Ancona, 16 giugno 2018 - Il mondo sommerso e pruriginoso delle community per incontri, cui l’untore era iscritto da almeno 10 anni, finisce sotto la lente della Procura: l’analista forense Luca Russo, per conto della magistratura dorica, dovrà scandagliare i siti di annunci personali, le chat per rapporti occasionali, i messaggi che Claudio Pinti attraverso varie piattaforme aveva scambiato con tutte le persone che potrebbero aver avuto un rapporto sessuale con lui. Rapporti che, se non protetti, potrebbero aver portato al contagio, specie dopo il 2007, anno in cui il 35enne dovrebbe aver contratto il virus dell’Hiv. Una ricerca immane, dato che il giovane afferma di aver avuto 228 partner, compresa l’ex fidanzata che lo ha denunciato. A preoccupare è anche, scrive il giudice, «l’evidente mancanza di qualsiasi forma di autocontrollo delle pulsioni sessuali», un’iperattività che lo ha portato a utilizzare siti per incontri occasionali con cadenza pressoché quotidiana. Stando agli inquirenti, un malato di sesso, tanto da annotare il numero di persone con cui aveva avuto rapporti e a vantarsene con le nuove conquiste. 

L’analisi partirà dai telefoni e dal computer per rintracciare i messaggi che il 35enne aveva scambiato con i potenziali partner, ma anche dai nickname e dagli account che, come hanno già accertato gli uomini della Squadra mobile, l’untore utilizzava per collegarsi alle community e ai siti specializzati. Uno degli indirizzi di posta elettronica, ‘onlysex82’, risulta iscritto dal 2008 al gruppo ‘Desiderya Sex Community’, dove Pinti aveva anche pubblicato un annuncio con tanto di foto. L’attività virtuale per contattare uomini e donne, con cui poi incontrarsi e avere rapporti anche non protetti, è proseguita fino a pochi giorni prima dell’arresto, tanto che il 3 giugno aveva ricevuto una telefonata in risposta a un annuncio che lo stesso Pinti aveva pubblicato sul sito ‘Bakeka’. Il 5 giugno era stato lo stesso 35enne a contattare l’autore di un’inserzione per incontri e dalle prime analisi su Internet è emerso che l’arrestato aveva consultato tantissime pagine di annunci hot. 

Forse proprio per eliminare le tracce di questa sua attività, e per cancellare messaggi incriminanti scambiati con l’ultima vittima, l’untore appena la settimana scorsa aveva contattato un tecnico informatico, cui aveva chiesto di poter recuperare tutti i messaggi WhatsApp e Messanger dal telefono di un’altra persona: Pinti, durante la telefonata con l’esperto informatico, aveva chiarito di avere solo il numero e che non era in possesso del telefono, ma l’altro aveva risposto che avrebbe potuto fare tranquillamente quanto richiesto. Un chiaro tentativo di inquinare le prove, che unito al pericolo di nuovi incontri e potenziali contagi ha spinto il giudice Carlo Cimini a emettere l’ordinanza di custodia cautelare. Ieri Pinti era ancora a Montacuto e la sua sieropositività non è necessariamente incompatibile con il carcere, dove sono detenuti altri malati.