I familiari: "Non ci fermeremo finchè non verrà fatta giustizia"

Il fratello Francesco: "Abbiamo imboccato una strada che rende merito al ruolo reale che aveva Marco e apre al mondo di omertà che c’è stato attorno alla sua uccisione da parte dei suoi commilitoni".

I familiari: "Non ci fermeremo  finchè non verrà fatta giustizia"

I familiari: "Non ci fermeremo finchè non verrà fatta giustizia"

di Silvia Santini

La famiglia Mandolini di Castelfidardo combatte da quasi 30 anni. Non si è mai abbattuta. Con determinazione continua a sfidare tutto e tutti per la giustizia, per arrivare finalmente a sapere chi ha ucciso il caro Marco. "Non ci fermeremo mai, finché non sarà fatta giustizia – dice il fratello Francesco -. Abbiamo imboccato una strada che rende innanzitutto giustizia a quello che era il ruolo reale di mio fratello all’interno del comparto militare e apre al mondo di omertà che c’è stato attorno alla sua uccisione da parte dei suoi stessi commilitoni, "fratelli". Ciò dimostra in realtà quanto questo omicidio sia legato effettivamente agli stessi ambienti militari che, nel nome della ragion di Stato, del segreto di Stato e di equilibri intoccabili, finora hanno taciuto". La convinzione di Francesco è sempre stata quella che il movente e gli assassini di Marco andassero cercati nel suo ambiente lavorativo insomma. Ogni anno a giugno, nell’anniversario della sua morte, la famiglia si raccoglie al cimitero per commemorarlo assieme a tanti altri fidardensi e non. Non si arrendono e vogliono la verità: "Vogliamo che sia resa giustizia a questo servitore della Patria. Anni di silenzio e noi familiari stiamo ancora cercando la verità. Grazie al lavoro instancabile del criminologo Federico Carbone". Tanti italiani non hanno mai smesso di lasciare messaggi di speranza e incoraggiamento alla famiglia. Chi gli vuole bene continua a portargli fiori sulla lapide del Romito e poi al cimitero all’interno del parco del Monumento per un omaggio floreale e gli onori al maresciallo. Un anno la famiglia si è portata all’aviosuperficie "Madonna di Loreto" in zona Squartabue a Recanati dove c’è stato il lancio della memoria con i paracadutisti e la collaborazione dell’Anpdi. Il tricolore sceso con un paracadutista era in Somalia con Mandolini che lo riportò a casa. Una piccola cerimonia ma molto significativa per non dimenticare il parà e per lanciare un messaggio, anche in collaborazione con l’associazione "Il quadrato" di Ancona che ha organizzato l’evento con la famiglia. "Marco vive" è il grido che si alza dalle loro bocche, dai loro messaggi, sperando che la verità possa venire a galla in un giorno non troppo lontano.