Il debutto di Preziosi: "Che onore riaprire l’anfiteatro romano. Lì dentro c’è l’eternità"

Intervista all’attore che con "Le idi marzo" di Shakespeare riporterà uno spettacolo all’interno del sito archeologico dopo quindici anni "E’ in questi luoghi che il pubblico percepisce l’idea del tempo che passa".

Il debutto di Preziosi: "Che onore riaprire l’anfiteatro romano. Lì dentro c’è l’eternità"

Il debutto di Preziosi: "Che onore riaprire l’anfiteatro romano. Lì dentro c’è l’eternità"

Domenica sarà una giornata storica per Ancona. La riapertura dell’Anfiteatro romano segna un momento importante per la vita culturale cittadina. L’attesa è grande anche per via dell’ospite scelto per animare la serata: Alessandro Preziosi, che con il recital "Le idi di marzo" farà rivivere il "Giulio Cesare" di Shakespeare. E lui lo presenta così al Carlino in questa intervista.

I classici sanno dirci sempre qualcosa di nuovo. L’adattamento di Tommaso Mattei quali spunti di riflessione offre?

"In primo piano c’è il personaggio più citato e indagato, Marco Antonio. Un ruolo che racchiude tutta l’ambiguità e la pericolosità dell’emotività dei personaggi shakespeariani. Da una parte c’è l’estremo amore, la cieca sudditanza verso l’uomo da cui si è influenzati, Cesare, con il suo carisma. Dall’altra c’è il tornaconto personale: Marco Antonio stringe la mano ai tre congiurati per evitare di essere ucciso a sua volta dopo il ‘parricidio’ di Cesare’". E la celebre orazione funebre?

"Il recital inizia e finisce con essa, cercando di ricostruire le ultime ore di quella notte di pioggia, tempesta ed elementi profetici che anticipano l’uccisione, all’alba, di Cesare, il quale sembra presagire la propria morte, ma vi va incontro, perché è da vigliacchi ritardarla. Si muore una sola volta, e quella volta bisogna affrontarla con onore".

L’aspetto più attuale dell’opera?

"E’ la contemporaneità dell’azione politica, della retorica politica, delle giustificazioni che si danno per le proprie mosse, anche a discapito della vita altrui. Accade spesso: per il bene pubblico un politico tradisce il proprio mentore. L’ambizione di Cesare è pericolosa per Roma. Bruto lo uccide, per salvare Roma, come avrebbe fatto qualsiasi romano".

Lei si esibirà in un luogo importante di Ancona, riaperto dopo lungo tempo.

"E’ un luogo che non conoscevo, questo che si va a ‘inaugurare’. Recitare in un anfiteatro romano, portandovi il teatro shakespeariano ‘romano’, penso sia un’occasione imperdibile, essendo il luogo massimo della retorica e della forza della retorica". Ama recitare in questi siti storici?

"Sì, perché più che nella ‘scatola nera’ del teatro qui il pubblico percepisce l’idea concreta del passare del tempo, dell’eternità. Questi luoghi servono ad evocare, e nell’evocare capiamo il senso dei costumi, delle abitudini, del modo di parlare e di vestire degli antichi. Sanno farci entrare in relazione con l’altro. Improvvisamente senti la continuità della drammaturgia classica con il dramma sociale di oggi. Recitare in un anfiteatro come quello di Ancona mi fa sentire più a mio agio, più naturale".

Coincidenza vuole che sabato porterà il suo omaggio a Franco Zeffirelli al PIF di Castelfidardo.

"Devo dire che le Marche mi offrono la possibilità di spaziare tra spettacoli diversi. Qui mi sento a casa, visto che i miei ultimi spettacoli hanno debuttato, dopo una residenza, a Fabriano, a Fermo e ad Ascoli. Sono grato alle Marche e all’Amat. Quello su Zeffirelli è un racconto molto biografico, di incontri: la Callas, Visconti. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo quando andò in onda ‘Elisa di Rivombrosa’, di cui si innamorò. Ne vedemmo una puntata insieme".

Cosa la colpisce di più in questo racconto?

"Il suo essere ‘bastardino’, come lo chiamavano a scuola, perché era nato fuori dal matrimonio. Ma Zeffirelli è stato un punto di riferimento importantissimo per la lirica e il cinema. Basti ricordare i suoi ‘Romeo e Giulietta’ e ‘Amleto’".