LUIGI
Cronaca

Il vizio della poesia che si fa meglio in provincia

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Luigi

Socci *

La poesia si fa meglio in provincia. Questa, forse, la morale definitiva che si può desumere dalla vita e dall’opera di Francesco Scarabicchi. Declinazione personale di quel concetto di “Residenza”, elaborato dal suo maestro Franco Scataglini, nel senso di riluttanza a farsi assorbire dal “magnetismo” e dalle “luminarie” (spesso artificiali e artificiose) dei grandi centri attrattori dell’industria culturale italiana (come Roma o Milano) in nome di una fedeltà ai luoghi, alla lingua e alla memoria che il destino ci ha assegnato, volenti o nolenti, in dono. Quando lo conobbi nel 1995 stavamo allestendo, con alcuni amici e coetanei precocemente affetti dal vizio della poesia, una plaquette (un libriccino) che raccogliesse quei nostri, più o meno maldestri, primi tentativi di fissare nel canto le nostre inquietudini post-adolescenziali. Alla nostra richiesta di contribuire, in qualche modo, a quella piccola pubblicazione autoprodotta (poi intitolata “La Città invisibile”), Francesco ci stupì con uno scritto, forse fin troppo generoso, in cui rilevava “una strana – indiretta ed implicita – analogia” con l’esperienza “residenziale” condivisa quindici anni prima con Scataglini, D’Elia, Piersanti e il critico Massimo Raffaeli, amico e sodale di una vita, la cui firma, impossibilitata ad esprimersi a caldo su una così profonda e antica relazione, si cercherà invano tra queste pagine commemorative. In quello stesso anno fui io a presentare ad Ancona “Il Prato bianco”, il libro della sua maturità (non a caso ristampato anni dopo nella Bianca Einaudi, sancendone la fama poetica a livello nazionale) e successivamente, dagli incontri estivi di “Poesia in giardino”, alla rivista “Nostro Lunedì” e ai ripetuti inviti al Festival La Punta della Lingua, sia in veste di autore che in quella di critico, i nostri incontri continuarono, con diluita continuità, così come i nostri scambi di libri, consigli, commenti e collaborazioni. In modo più rarefatto ultimamente, per l’aggravarsi dei suoi problemi di salute (fino a presentare, addirittura, un suo libro in assenza) ma resi ancora possibili dall’amico Giandomenico Papa il cui ritratto fotografico di Francesco tengo davanti a me mentre ne scrivo. Ritratto che sembra uscire da una penombra chiaroscurata, con una mano a sorreggersi la testa, con tutto il peso del mondo dentro come uno stanco, fragile e appartato Titano.

* Poeta