RAIMONDO MONTESI
Cronaca

"In quel 2051 con il teatro proibito"

La compagnia Sotterraneo domani ad Ancona porta in scena uno spettacolo tratto da "Fahrenheit 451"

La compagnia Sotterraneo con lo spettacolo «Il fuoco era la cura» allo Sperimentale

La compagnia Sotterraneo con lo spettacolo «Il fuoco era la cura» allo Sperimentale

E’, insieme a "1984" di Orwell, una delle distopie letterarie più celebri del ‘900. "Fahrenheit 451" di Ray Bradbury racconta un futuro in cui non solo è vietato leggere, ma in cui i libri vengono bruciati, mentre enormi video sempre accesi dominano nelle case di ‘sudditi’ sempre meno capaci di pensare. La compagnia Sotterraneo ha tratto uno spettacolo, "Il fuoco era la cura", che va in scena domani (ore 20.45) allo Sperimentale di Ancona nell’ambito della rassegna ‘Scena Contemporanea’ di Marche Teatro. Ideazione e regia sono di Sara Bonaventura, Claudio Cirri e Daniele Villa, il quale firma anche la scrittura. Villa, la scelta di questo titolo è ‘casuale’ o si inserisce con precisione nel vostro percorso artistico?

"Lo spettacolo mescola elementi di novità e continuità. Fra i secondi c’è una riflessione ‘politica’ sul rapporto che noi Sapiens abbiamo con le narrazioni e le rappresentazioni della realtà, realtà che molto spesso distorciamo, diventando vittime di racconti che la falsificano, ma che però intercettano i nostri pregiudizi e aspettative. Era il tema del precedente ‘L’Angelo della Storia’, ma c’è un elemento di continuità: immaginare una distopia incentrata sulla censura e sul controllo della produzione culturale, sulla repressione della libertà d’espressione e della creatività. La novità è il rapporto con un romanzo, cosa che non abbiamo mai praticato. In effetti ci siamo sempre confrontati con il tema del ruolo della cultura nella vita democratica".

E’ una ricostruzione fedele del romanzo la vostra?

"Sì, ma abbiamo lavorato anche su piccoli coni d’ombra, su cose che l’autore non ci ha raccontato nel dettaglio. E c’è una distopia parallela, nel senso che parliamo ‘metateatralmente’ di un fantomatico 2051 in cui il teatro è proibito come la letteratura e la cultura tout court. E’ una scrittura che si affianca a quella di Bradbury".

I roghi di libri hanno quasi sempre accompagnato le dittature.

"Sì, e purtroppo ricominciamo ad aver a che fare con i roghi di libri e le persecuzioni di certi autori. Il libro acquista nuova attualità".

Oggi i rischi sono più sottili, tra intelligenza artificiale e tecnologie che non favoriscono certo una lettura ‘consapevole’.

"Non c’è dubbio. In realtà in Bradbury il libro proibito è il simbolo della scomparsa della capacità di un pensiero complesso, di attenzione profonda, di partecipazione, e quindi di lettura della realtà in tutta la sua complessità, nelle sue ambiguità e sfumature. La distopia di Bradbury in certe fasi storiche ci è più vicina. Oggi lo è, per il potenziale negativo della tecnologia, per la crisi delle istituzioni democratiche e per uno stato di ‘confusione’ che attraversa la psiche collettiva occidentale". Il teatro, con la sua ‘corporeità’, può essere un rimedio a questa deriva?

"Il teatro è uno degli antidoti ai rischi della rivoluzione digitale in un mondo iper accelerato, sistematicamente mediato, virtuale. E’ un luogo dove si recupera la partecipazione, la dimensione corporea e quella contemplativa, che ci permette di sviluppare un pensiero più evoluto".

Raimondo Montesi