Omicidio Matteuzzi, il killer in aula La verità dai telefoni: nuova indagine

Conferito incarico al consulente per cercare file-spia sui due nuovi apparecchi ritrovati a Padovani. E l’autopsia rivela nuovi dettagli choc: la maggior parte delle ferite provocate dalla panchina in ferro

di Nicola Bianchi

A caccia di spyware, un programma-spia che, secondo le accuse, Giovanni Padovani avrebbe utilizzato per controllare a distanza Alessandra Matteuzzi, per poi massacrarla di botte e ucciderla a martellate la sera del 23 agosto sotto l’abitazione di via dell’Arcoveggio 42. Tre i telefoni sequestrati al calciatore dilettantistico, ex fidanzato della 56enne accecato dalla gelosia, rinchiuso alla Dozza con l’accusa di omicidio pluriaggravato dai futili motivi e dallo stalking. Venerdì si è presentato ancora in Procura per il conferimento dell’incarico a Stefano Fratepietro, consulente tecnico nominato dal procuratore aggiunto Lucia Russo e dal collega Domenico Ambrosino, mostrandosi collaborativo indicando password e pin. Ma continuando a non fare trapelare nessun segno di pentimento – anche se quella non era tecnicamente la sede –, presentandosi impassibile, molto tranquillo, come nelle precedenti occasioni. L’ulteriore lavoro del consulente, sui due nuovi telefoni ritrovati nelle scorse settimane a Padovani, dovrà essere depositato entro il 20 dicembre insieme al precedente. Tra i quesiti richiesti, oltre a estrapolare messaggi e foto di interesse investigativo, c’è anche quello di scovare eventuali app-spia che il killer avrebbe installato sul telefonino di Alessandra per seguirla costantemente negli spostamenti e nei contatti con terze persone. "Siamo contenti – spiega l’avvocato Antonio Petroncini che rappresenta la famiglia della vittima con Chiara Rinaldi – che si estenda il capo di indagine il più possibile. Il piccolo ritardo della consulenza (il deposito sul primo apparecchio di Padovani e su quello della vittima era previsto il 2 novembre, ndr) è giustificato dalla necessità di acquisire ogni elemento di prova".

Intanto emergono altri dettagli inquietanti dall’autopsia che ha rilevato come le oltre 20 ferite, molte letali, sono compatibili con i colpi inferti con un martello, che fu addirittura rotto, ma soprattutto con gli spigoli della panca di ferro, trovata sotto l’androne del palazzo, "che l’indagato scagliava più volte contro la donna". "Un’escalation di atteggiamenti violenti", iniziata con calci e pugni e finita sotto i colpi degli oggetti contundenti. Con la 56enne "trascinata sotto il porticato già in stato di incoscienza e con numerose perdite di sangue da testa e volto". Dietro quell’orrore, secondo l’avvocato Sonia Bartolini, vi sarebbe una chiara lettura: "L’aggressore ha voluto prima di tutto distruggere il viso di mia cugina, e quindi la sua bellezza; poi si è avventato con la panca anche sul corpo, che non sarebbe potuto essere di nessun altro al di fuori di lui".