Metti un campione affermato, anzi il campione per eccellenza del tennis italiano e un più giovane astro nascente statunitense, paese di grandi tradizioni tennistiche ma che raramente ha fatto salire alla ribalta atleti di colore, in anni per giunta caldi per le battaglie sociali e civili. Siamo infatti nell’aprile del 1969: un anno prima l’attivista Martin Luther King ha pagato con la vita le sue lotte. Qualche mese dopo, a Città del Messico, nelle Olimpiadi del 1968, i velocisti afroamericani Tommie Smith e John Carlos, rispettivamente 1° e 3° sul podio dei 200 metri, alzano il pugno chiuso indossando guanti neri, per ribadire la battaglia per i diritti civili in America, appoggiati dal 2° classificato, l’australiano bianco Peter Norman. Gesti simbolici a cui non è insensibile il tennista Arthur Ashe, classe 1943, vincitore in quel 1968 degli US Open: nel 1963 era stato il primo tennista di colore a rappresentare gli Usa in Coppa Davis. Ashe è ormai un campione affermato e – almeno per lui – sembrano lontani i tempi in cui, da bambino, figlio di un guardiano e di una serva, nella Virginia degli anni ‘50 con gli altri coetanei bianchi non poteva giocare. Ashe nell’aprile 1969 si trova ad Ancona da numero 1 al mondo, per giocare un match esibizione nei campi di viale della Vittoria, alla presenza pure del sindaco Alfredo Trifogli, che a fine match consegna una medaglia al campione Usa e al suo avversario. Non un rivale qualsiasi, bensì Nicola Pietrangeli, che ha ormai 36 anni ma resta il numero 1 del tennis azzurro: il suo erede Adriano Panatta, infatti, sarebbe esploso soltanto due anni dopo, ancora nelle Marche, vincendo il suo primo torneo a Senigallia nel 1971. L’esibizione tra Ashe e Pietrangeli è un evento, di cui proprio in questi giorni il gruppo facebook "50 anni dalla vittoria di Adriano Panatta a Senigallia" ha rintracciato una dimenticata testimonianza: una foto con i due campioni e l’avvocato Michele Brunetti, artefice dell’incontro. Un match non ufficiale ma storico per Ancona e per gli stessi giocatori: Ashe e Pietrangeli infatti, in precedenza non si erano mai incontrati. A vincere è l’americano, dopo una battaglia di cinque set: 6-2 3-6 8-6 4-6 6-2. Pietrangeli, oggi novantunenne ma ancora habituè dei tornei, si sarebbe ritirato a 44 anni nel 1977, Ashe chiuse nel 1980: è scomparso nel 1993 di Aids, contratto in seguito a una trasfusione di sangue. Fino all’ultimo, si è battuto per cause civili e umanitarie, e per sensibilizzare sull’Hiv, proprio come sapeva fare in campo, fin da bambino osteggiato per il colore della sua pelle o da numero 1 per sconfiggere campioni altrettanto grandi. Come fece con un intramontabile Pietrangeli, in quel giorno della primavera del 1969 ad Ancona.
Andrea Pongetti