"Riporto l’opera alle origini: teatro in musica"

Il regista Marco Baliani debutta venerdì al teatro delle Muse con "Il Matrimonio Segreto" di Cimarosa, secondo titolo della stagione

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Un regista d’eccezione per il secondo titolo della stagione lirica di Ancona. E’ Marco Baliani, che dopo l’applaudito ‘Gianni Schicchi’ dello scorso anno alla Mole torna all’opera con ‘Il Matrimonio Segreto’ di Cimarosa, in scena venerdì (ore 20.30) e domenica (ore 16.30) al Teatro delle Muse.

Baliani, il direttore artistico della stagione lirica Vincenzo De Vivo ha definito quello di Cimarosa ‘un meccanismo a orologeria perfetto’. Domanda: è più facile lavorarci, avendo tra le mani un bel ‘pacchetto’ giá pronto, o più difficile, perché si rischia di rovinare questa perfezione?

"I pacchetti giá pronti di solito sono i più difficili. Certo, si può fare del ‘museo’, ma così viene fuori che tali opere non hanno più niente a che fare con i nostri tempi. Meglio la creativitá. In questo caso ho voluto rendere l’azione, il movimento dell’opera, evitando la staticitá. Ho lavorato molto sul corpo degli attori".

E’ un lapsus? Voleva dire ‘cantanti’?

"No. Ho voluto riportare l’opera alle sue origini, quando era teatro in musica. L’opera era principalmente recitazione, e i personaggi avevano una maggiore nitidezza. Solo successivamente la partitura e il cantato hanno acquisito un’importanza superiore".

Suscita curiositá la scenografia, che a quanto è stato anticipato riprodurrá una casa in continuo movimento.

"E’ una scenografia non monumentale, che deve essere mossa e usata dagli interpreti. Nelle varie stanze accadono le scene, anche contemporaneamente, e il pubblico puó scorgerle da dei pertugi. Di mio ho aggiunto quattro danzatori, non previsti dall’opera, che fanno da controcanto ironico".

Si immagina che un regista più abituato al teatro di prosa che all’opera voglia esaltare le doti attoriali dei cantanti. Ha incontrato delle ‘resistenze’ in questo senso, o semplicemente delle difficoltá?

"No, perché a Vincenzo De Vivo ho chiesto espressamente un cast di giovani attori, oltre che cantanti, giovani capaci di improvvisare, di scherzare".

E il più bravo, come attore, chi si è rivelato?

"Diciamo che Filippo Morace, nel ruolo di Geronimo, è quello con la maggiore esperienza. Sa improvvisare. E’ uno che ha lavorato anche con De Simone".

Qual è la cosa più importante per la buona riuscita di un’opera lirica?

"Per me conta molto la creazione di un gruppo, raggiungere l’affiatamento tra tutti gli interpreti. A luglio ho lavorato su un’Antigone di Sofocle con ventitré attori. Ognuno deve sapere chi è se stesso, ma anche chi sono gli altri. Altrimenti vivremmo come tante monadi isolate".

Riguardo alla musica lei l’ha definita primaverile, gioiosa. Lo spettacolo può regalare qualche momento di serenitá al pubblico, in tempi simili?

"Ogni tanto ci vuole... Questa musica è meravigliosa, effervescente. Dá gioia. Anticipa temi più tardi, il romanticismo. Cimarosa era un ‘geniaccio’".

Come ha lavorato con un direttore come Diego Ceretta, appena venticinquenne?

"Molto bene. Lui è bravissimo, un vero enfant prodige. Mi ha colpito la sua qualitá d’ascolto. Si sente che ha studiato molto".

Da uomo, ma anche da maestro di teatro civile, cosa pensa di questa guerra in corso?

"E’ allucinante. Due pazzi scatenati si stanno massacrando sull’orlo di un precipizio. Bisognerebbe scendere in piazza, scavalcando Destre e Sinistre, per la pace".

Raimondo Montesi