"Se n’è andato salutando col sorriso Ora potremo aiutare altre persone"

L’associazione Luca Coscioni racconta gli ultimi attimi: "Invece che in Svizzera è morto nella sua casa". Il medico che l’ha assistito: "Io ho preparato il farmaco, lui ha spinto il bottone". L’ultima cena coi familiari

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"Grazie a Federico ora potremo aiutare tutte le persone che lo chiederanno". Federico Carboni ha scelto di morire a 44 anni dopo averne trascorsi 12 imprigionato in un letto nella sua casa di Senigallia in cui ha sempre vissuto con i genitori. Se n’è andato con il sorriso sulle labbra, lui che fino alle 11 di ieri mattina è stato per tutti ‘Mario’, lo ha fatto per rendere pubblica la sua sofferenza, la sua volontà di sentirsi libero. "Svelare la mia identità non ha senso – le parole di Federico lette da Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni – rimarrò nell’immaginario, mi spiace congedarmi dalla vita che è fantastica, ne abbiamo una sola". Parole che Federico ha lasciato in una lettera il 2 maggio 2021, mentre combatteva la sua battaglia per far riconoscere la volontà di chiudere gli occhi per l’ultima volta nella sua casa, vicino ai suoi affetti. "Era il 10 giugno del 2020 quando mi ha scritto per informarmi e comunicarmi che il giorno dopo avrebbe prenotato il viaggio per la Svizzera – spiega Marco Cappato dell’associazione Coscioni – con 12mila euro in quel Paese aveva scelto di morire, lontano dalla sua casa, dalla mamma, dalle persone che oggi lo hanno potuto salutare pochi minuti prima che se ne andasse. Questo grazie a due anni di ostinazione e determinazione, questo è stato il prezzo delle vicinanze".

Ha scelto di rivelare la sua identità e solo dopo aver vinto la sua battaglia ha deciso, rendere pubblica la sua storia, rivelando il suo vero nome. Grazie a lui da ieri si è aperta una strada per il decesso medicalmente assistito, una morte scelta volontariamente da quei malati che, schiacciando un bottone, cancellano per sempre la loro sofferenza: "L’associazione Luca Coscioni, prosegue Marco Cappato – si è dovuta sostituire allo Stato nella concreta attualizzazione di un diritto che lo Stato stesso aveva riconosciuto. Da quattro anni è attesa una legge che se dovesse essere quella in discussione in Parlamento oggi, meglio non farla. Sarebbe una legge inutile e controproducente, perché restringerebbe la possibilità di fare quello che oggi, si è rivelato possibile".

A spiegare come è avvenuto materialmente il primo suicidio medicalmente assistito in Italia, il medico anestesista, Mario Riccio, l’anestesista che affiancò anche Piergiorgio Welby: "È stato preparato un sistema che ha permesso a Federico di premere il bottone e far partire l’infusione del farmaco che ha svolto la sua funzione. Io mi sono limitato a preparare la linea infusionale – ha spiegato – Cinque minuti dopo l’iniezione completa è cessata l’attività respiratoria, poi quella cardiaca. Dieci minuti dopo è stato constatato il decesso per assoluta mancanza di segni vitali". Gli ultimi istanti della sua vita sono stati filmati in un video che, se necessario, sarà messo a disposizione della magistratura. Federico sapeva che sarebbe potuto tornare indietro, non ci ha mai pensato, la sua volontà è stata sempre quella di sentirsi libero. "Ha lottato, lo ha dimostrato al mondo e ne andava fiero – conclude Cappato – aveva ragione perché grazie a lui ora potremo aiutare tutte quelle persone che lo chiederanno".

Ieri aveva mangiato per l’ultima volta la porchetta di Ariccia con i propri cari, oggi ha voluto essere sbarbato, se n’è andato con un sorriso, salutando tutti; lui sereno, gli altri commossi. "Ricordatemi con un sorriso...", le parole di ‘Mario’. Tutti eravamo molto commossi. Il più tranquillo tra tutti noi era proprio Federico Carboni" ha detto il dottor Riccio.

Silvia Santarelli