Il sindaco Cesarini guarito dal Covid: aveva donato la sua dose di vaccino

Ancona, il sindaco di Santa Maria Nuova poteva immunizzarsi ma rinunciò per salvare altri: ha preso il Covid, ha rischiato di morire

Il sindaco Alfredo Cesarini con l’equipe medica che lo ha salvato

Il sindaco Alfredo Cesarini con l’equipe medica che lo ha salvato

Santa Maria Nuova (Ancona), 8 aprile 2021 - Sta bene ed è tornato a casa Alfredo Cesarini, 69 anni, sindaco di Santa Maria Nuova, comune nell’Anconetano, dopo quasi 20 giorni di ricovero a Jesi per il Covid. Prima di essere stato contagiato dal Coronavirus, Cesarini aveva rinunciato alla sua dose di vaccino a cui aveva diritto ad un operatore sanitario come atto da amore per la comunità. Seguendo fra l’altro l’esempio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 

 

Sindaco, il 20 marzo è stato ricoverato per l’aggravarsi dei sintomi. Cosa ricorda di quei primi giorni? "La prima settimana di ricovero è stata terribile. Ho avuto paura di non farcela. Vivere l’esperienza della positività al Covid è qualcosa che ti scalfisce l’anima ancor prima che il fisico". Perché? "Si vive in una dimensione surreale dove il tuo male si aggiunge a quello di chi ti sta accanto, fondendosi insieme. Trascorsi il mio primo giorno e un’intera notte al Pronto soccorso, in una camera con un trentenne che indossava il casco per la respirazione forzata. È stato un incubo. I rumori del respiratore, le sofferenze e i lamenti di quel giovane mi sono rimasti dentro". Lei ha ha avuto occasione di vaccinarsi ma ha rifiutato l’opportunità. Come mai? "Durante le vaccinazioni agli ospiti della Casa di Riposo - Residenza Protetta, è avanzata una dose. L’ Asur ha chiesto allora chi potesse beneficiarne ed è spuntato fuori il mio nome in quanto sindaco. Se mi fossi vaccinato, avrei potuto così fare visita ai nostri vecchietti che non vedevo da un anno per ragioni precauzionali". Ma lei ha detto no... "Ho preferito però non accettare quella dose. Non era giusto l’avessi io, nessuna disposizione legislativa metteva il sindaco fra le persone da vaccinare. Non volevo essere privilegiato né considerato ‘della casta’. Così ho deciso di attendere il mio turno, seguendo l’esempio del presidente della Repubblica". Una scelta che rifarebbe? "Assolutamente sì, anche se ho messo a rischio la mia salute". Un virus che non ha risparmiato neanche i suoi familiari. "Anche mia moglie e altri parenti stretti sono stati contagiati ma solo io mi sono aggravato al punto da finire in ospedale". Cos’è stato per lei il Covid? "Questo virus non genera una normale malattia ma è una sorta di roulette russa: non sai cosa può accaderti domani". Dopo 27 giorni di positività, si è poi accesa finalmente una luce. "In quel giorno sono stato dimesso dall’ospedale e sono tornato a casa. Nel mezzo di tutta questa mia storia però ci sono medici, infermieri, oss...gli angeli custodi terreni che si sono presi cura di me. Persone straordinarie che mi hanno curato e che hanno cercato in ogni modo di alleviare lo smarrimento della malattia e dell’isolamento forzato". Cioè? "Mi sono sentito veramente assistito sia dal punto di vista sanitario che umano e psicologico. Alle 5 del mattino iniziavano gli esami e la sveglia era talvolta una carezza con parole di incoraggiamento. Questo ha fatto e fa la differenza". Cosa si aspetta ora per il futuro? "Mi auguro che la proposta per il Nobel al nostro personale sanitario nazionale vada a buon fine perché è meritato. Non dimenticherò mai queste persone".