REDAZIONE ANCONA

Un processo "simulato" per i ragazzi delle medie

Una cinquantina di studenti hanno assistito ieri in tribunale a un finto processo che ricalca ciò che accade ogni giorno in Tribunale. Rapinatore sotto accusa.

Una cinquantina di studenti hanno assistito ieri in tribunale a un finto processo che ricalca ciò che accade ogni giorno in Tribunale. Rapinatore sotto accusa.

Una cinquantina di studenti hanno assistito ieri in tribunale a un finto processo che ricalca ciò che accade ogni giorno in Tribunale. Rapinatore sotto accusa.

Un processo simulato per sensibilizzare gli studenti delle scuole medie di Ancona alla conoscenze delle procedure giudiziarie. Nell’immaginario collettivo, ciò che succede nei palazzi di giustizia appare come un mondo lontano anni luce. E invece la realtà è fatta anche di questo. Così ieri mattina una cinquantina di ragazzi, in ossequioso silenzio hanno potuto vedere dal vivo cosa realmente succede ogni giorno in un aula di tribunale. Un indagato (Antonio Muratore, nome di fantasia) accusato di aver commesso una rapina e di averne tentate altre due nel giro di 10 minuti, un pm vero, il dottor Rosario Lioniello, sostituto procuratore della Repubblica, un giudice rappresentato dalla dottoressa Irene Bilotta, un avvocato difensore togato, ovvero l’avvocato Roberto Tiberi, un consulente di parte, Luca Russo, , i testimoni del fatto, ovviamente frutto di fantasia.

Lo svolgimento del processo è stato più che realistico. Il soggetto è accusato di aver commesso una rapina in un negozio (senza riferimenti a luoghi e persone reali) e successivamente di aver tentato altri due colpi in serie. La centrale dei carabinieri mette in moto il perito per acquisire le immagini di alcune telecamere di sorveglianza ai fini dell’individuazione del responsabile. Cosa che avviene, tanto che le immagini vengono divulgate alle forze di polizia e nel pomeriggio del giorno dopo una volante durante un pattugliamento individua il rapinatore e lo ferma. A questo punto il perito estrae dal telefono sequestrato all’imputato i dati inerenti gli spostamenti registrati da Google che testimoniano che l’uomo era nella zona incriminata, all’ora in cui si sono consumati i reati. Poi sarà compito del suo avvocato tentare di discolparlo chiedendo una perizia psichiatrica in quanto assuntore di droghe (che viene respinta). Inevitabile la condanna a due anni di reclusione, dopo la Camera di Consiglio. Pane per i denti di futuri avvocati, magistrati e uomini di polizia giudiziaria.

a.mas.