REDAZIONE ANCONA

Un viaggio da New York a Venezia con le tele di William Congdon

Trentatré opere d’arte per raccontare il percorso artistico di William Congdon (1912-1998), pittore americano che amante del viaggio e sempre alla ricerca di nuovi luoghi scelse a lungo l’Italia, prima Venezia, poi Assisi, quindi Milano, attraversando quasi per intero il Novecento. L’esposizione si trova a Palazzo Bisaccioni, dove rimarrà aperta al pubblico (ingresso libero, tutti i giorni 9,30-13 e 15,30-19.30) fino al 27 marzo prossimo.

Congdon è uno dei più profondi pittori del Novecento e su di lui hanno scritto alcuni dei più importanti critici internazionali. Tutto nasce dalla Fondazione Carisj Jesi che ha coinvolto l’associazione culturale Casa Testori. Le opere esposte sono state messe a disposizione dalla William G. Congdon Foundation e selezionate da Davide Dall’Ombra, direttore di Casa Testori. "Dalle New York degli anni Quaranta e le Venezie amate e collezionate da Peggy Guggenheim, fino all’approdo metafisico dei Campi arati degli anni ’80 e ’90 – spiega il curatore Davide Dall’Ombra – il visitatore potrà muovere lo sguardo dall’energia dirompente del linguaggio americano dell’Action painting, di cui Congdon era un interprete, attraverso le sue prime esperienze di viaggio per le città d’elezione. È così che la Roma imponente delle vestigia del Pantheon fa i conti con una rappresentazione esistenziale dell’architettura, rappresentata dalla voragine del Colosseo o dalla precarietà della città di Assisi, franante sulla collina". Spiccano in mostra le imponenti tavole di Istanbul, del Taj Mahal, del deserto marchiato dalla presenza umana di Sahara e della voragine di Santorini. A contrappunto dei tormenti e fasti delle civiltà, Congdon scende nel minuto dell’esistenza, attraversando la metafora dell’animale che deve fare i conti con la violenza dell’uomo.

È così che il "ciclo dei Tori" diviene la metafora della ricerca crudele, espressa dalle nostre tradizioni, come nell’inseguimento dei propri desideri. Dalla pittura come redenzione al simbolo umano di sofferenza e resurrezione per eccellenza, il Crocifisso, il passo è breve. Ma l’approccio dell’artista americano non è mai estetico o teorico e l’approdo al soggetto sacro avviene solo in seguito alla sua tormentata conversione al Cattolicesimo.