Untore Hiv Ancona minacciava la compagna di portarle via la figlia

Le motivazioni della sentenza contro Claudio Pinti

Claudio Pinti

Claudio Pinti

Ancona, 14 giugno 2019 - Piegata al volere di Claudio Pinti, quello di non curarsi, perché altrimenti le avrebbe portato via la figlia. A costringere Giovanna Gorini, la compagna dell’autotrasportatore di Montecarotto morta il 24 giugno di due anni fa, a rifiutare le cure è stata la paura, quella che il 36enne non ha smesso di incuterle nemmeno il giorno prima della morte, tormentandola. Emerge nelle motivazioni della sentenza di condanna di primo grado per Pinti, accusato di aver contagiato le sue ultime due partener di Hiv, scritte dal gup Paola Moscaroli e depositate nei giorni scorsi.

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Trentacinque pagine dove il giudice spiega anche come i familiari dell’autotrasportatore non potevano essere all’oscuro dello stato di salute del 36enne. «Sicuramente la madre, il padre e il fratello – scrive Moscaroli - sapevano dello stato di sieropositività e del fatto che Pinti tentasse di falsificare la realtà. Si adattavano alla comode quanto inverosimili spiegazioni fornite dal congiunto». Il quadro di completa sottomissione subito da Giovanna emerge dalle intercettazioni acquisite sulle utenze dei familiari di Pinti e soprattutto su quelle dei familiari di Gorini dove vengono usate spesso parole e frasi come «l’ha ammazzata», «non l’ha fatta curare», «l’ha plagiata». Lo stesso quadro vessatorio è anche nelle testimonianze delle amiche della ragazza, dalla sorella e dalla madre.

«Pinti costantemente la minacciava – scrive il giudice - di portarle via la figlia laddove non si fosse piegata alla sua volontà. E’ proprio la figlia lo strumento privilegiato attraverso il quale Pinti riesce ad esprimere il suo dominio sulla partner. Per costringerla a piegarsi al suo volere, a non farsi visitare, a non ricoverarsi nei momenti più drammatici della malattia, a non assumere quei farmaci che potrebbero salvarle la vita. Giovanna non riesce a liberarsi dalla paura che prova verso quell’uomo». Emblematica una confidenza che la madre della ragazza fa ad una amica della figlia quando le racconta di quando va a pregare sulla sua tomba. «Gli dico perché amore mio sei lì dentro? - dice la mamma - Per paura, è per paura». Una amica che le è stata accanto fino agli ultimi giorni di vita ha riferito in una testimonianza che ogni volta la pregava di andare in ospedale offrendosi di accompagnarla.

«Lei rispondeva che Claudio non voleva. Lei avrebbe voluto ma lui la ricattava dicendo che se fosse andava a fare la chemioterapia e gli altri trattamenti le avrebbe impedito per sempre di vedere la bambina». La stessa amica ha riferito di aver trovato Giovanna al pronto soccorso in una condizione devastante con Pinti che la insultava così: «Non stare storta, mettiti dritta, vuoi fare pena alle tue amiche così ti fanno un altro ciondolo Swarovski?». In camera mortuaria Pinti avrebbe detto che ad ammazzare Giovanna sarebbe stata la chemioterapia. Su Romina il giudice scrive: «Ha intrapreso una relazione con lei senza informarla del suo stato, ha avuto con la donna rapporti sessuali non protetti e le ha trasmesso il virus». Per il giudice è probabile che il 36enne abbia trasmesso l’Hiv anche alla partner prima di Giovanna.