Arquata, viaggio in mezzo al niente. "Il Comune? Stava più o meno lì"

La foto simbolo del post terremoto e il tour col sindaco: pure lui fatica a orientarsi

GROUND ZERO La spianata di Arquata dopo la rimozione di parte delle macerie (foto di Francesco Riti)

GROUND ZERO La spianata di Arquata dopo la rimozione di parte delle macerie (foto di Francesco Riti)

Arquata (Ascoli), 28 marzo 2018 - Il sindaco di Arquata, Aleandro Petrucci, si guarda intorno disorientato (VIDEO). C’è il sole ma qui, per le temperature primaverili, bisogna aspettare maggio inoltrato. Il vento freddo gli scompiglia i capelli mentre, girando su se stesso, cerca di individuare il punto in cui sorgeva il vecchio municipio. Non c’è più nulla in piazza Umberto I. Anzi, non c’è più nemmeno la piazza. Ne resta un moncone affacciato sul nulla. Niente più case, non più la splendida fontana, orgoglio del paese. Della torre civica rimane il parapetto: prima impediva di cadere a chi saliva fino in cima, ora giace a terra dopo che tutta la struttura è collassata. «Se quella è la torre civica allora il municipio stava più o meno lì». Arquata, che conosceva come le sue tasche, all’improvviso è diventata un luogo semisconosciuto. «Sì, il Comune era qui. Ne sono abbastanza certo» dice dopo aver trovato nell’archetto della casa del Conte Gallo un punto di riferimento affidabile. Di quelli rimasti, è uno dei pochi edifici che potrebbe salvarsi dall’imminente demolizione: «Si tratta di un edificio storico, che le autorità vorrebbero salvare» spiega il primo cittadino. «Per il resto, qui molto probabilmente sarà buttato giù tutto ciò che resta. Tutto tranne la rocca naturalmente, pensate che è la struttura che ha retto di più».

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«Era da diverse settimane che non salivo fin qui – continua Petrucci – e devo dire che sono rimasto senza parole, credetemi». Dopo la rimozione delle prime 113mila tonnellate di macerie il centro di Arquata, in effetti, sembra il ponte di una portaerei attraccata a un porto appena bombardato. Lo spazio pianeggiante di forma trapezoidale su cui sta camminando il primo cittadino era la piazza. Da un lato del ‘ponte’ c’è la porzione di centro storico che si estende in direzione dell’antica rocca, faro ancora in piedi di questo porto fantasma. Dalla parte opposta, anziché le onde dell’oceano, c’è il nulla: uno strapiombo inquietante creato proprio dalla rimozione di ciò che restava delle case. La vista, da qui, un tempo era fantastica: a valle la frazione di Trisungo attraversata dal fiume Tronto e dalla Salaria; a monte il Vettore, maestosa vetta dell’Appennino centrale, con i suoi 2.476 metri seconda solo alle grandi montagne abruzzesi. Uno spettacolo trasformatosi in triste ricordo.

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Un ricordo che difficilmente tornerà a vivere nel mondo reale. Se a valle la situazione delle casette è ormai definita, infatti, la sorte di questa porzione di paese, in sostanza l’ex centro storico, è ancora un punto interrogativo. Ed è proprio questo, in particolare, a preoccupare Petrucci: «Non possiamo iniziare la ricostruzione se prima non completano la rimozione delle macerie: ne mancano quasi altre 300mila tonnellate». «Una volta terminata questa fase – prosegue il primo cittadino – arriverà il progetto dell’Università di Camerino che sarà sottoposto alla cittadinanza, associazioni in primis. Decideranno loro. Mi sembra il minimo che si può concedere a gente che ha sofferto tanto». Dalle due torri della rocca, intanto, arriva l’eco delle manovre degli operai, impegnati nella messa in sicurezza. Il simbolo di Arquata ha accusato i colpi del sisma ma è ancora al suo posto, nonostante tutto. «Ora speriamo che tornino anche i cittadini» conclude Petrucci.

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