
Ast, si studia un piano di soccorso: "Servono percorsi di presa in carico"
L’Ast di Ascoli non è direttamente coinvolta nell’iniziativa di Pas e Clinica San Marco volta a favorire l’accesso a cure sanitarie per i meno abbienti, ma proprio nel corso della conferenza stampa di presentazione sono emerse idee per una ulteriore sinergia anche con la sanità pubblica. "Darò immediatamente incarico di studiare un protocollo, in base al quale dove non saranno sufficienti le prestazioni della Clinica San Marco, si farà in modo che il paziente che si è rivolto al Pas sia preso in carico dalla sanità pubblica, attraverso un canale preferenziale" ha annunciato il direttore generale Nicoletta Natalini. La dirigente ha affrontato il problema dell’accesso alle cure sanitarie delle famiglie con deficit economici, offrendo una chiave di lettura. "La sanità vive un momento di difficoltà ma anche di abbondanza. Non abbiamo mai erogato tante prestazioni di qualità come adesso, nelle Marche il 40% in più di prima del Covid. Sembra un paradosso sentire che le famiglie rinunciano a curarsi e noi come azienda sanitaria eroghiamo tante prestazioni". Qual è allora la criticità? "Credo ci sia un problema di comunicazione di passaggio: il problema principale è erogare la prestazione giusta, alla persona giusta, al momento giusto. La differenza di scolarità e la differenza di disponibilità economica sono due determinanti che incidono sulla salute, sia per lo screening che per l’autonomia nel cercarsi la soluzione: ciò fa sì che ci siano differenze di accesso. Il ruolo di questo gruppo – ha detto ancora Natalini rivolgendosi agli altri interlocutori presenti alla conferenza stampa – è allora quello di lavorare insieme sui percorsi di presa in carico dei pazienti, diagnostici e terapeutici". Secondo il direttore generale dell’Ast di Ascoli non è sul numero delle prestazioni che si deve agire, anche se è questo che le persone chiedono. "Abbiamo riaperto la radiologia e messo a disposizione dei cittadini 260 prestazioni radiologiche in più a settimana – ha rimarcato – ma non se n’è accorto nessuno: svanite come se non avessimo fatto niente. Purtroppo, più metti a disposizione prestazione, più le persone le consumano. La visita invece non è salute. Dobbiamo quindi creare dei percorsi di presa in carico, soprattutto – ha concluso - accompagnando le persone in difficoltà che non riescono a trovare la porta di accesso e inserirle all’interno di un percorso diagnostico e terapeutico".