"Bianca Immacolata": dopo il blitz, le condanne

Riconosciuti colpevoli dal giudice i tre spacciatori accusati di aver messo su un vasto giro di cocaina a Porta Maggiore: 25 i clienti ascolani identificati

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"C’andiamo a prendere un aperitivo?". Molte richieste di cocaina iniziavano così: con un invito ad andare al bar a bere qualcosa, sottintendendo però ben altro. Tra gli acquirenti uno che acquistava 500 euro di cocaina alla settimana; l’equivalente di 10 dosi anche se, visto che era un cliente fedele, ogni tanto lo sconto se lo meritava pure. Ma c’erano anche giorni con bassa richiesta, definiti "mosci" da Mirko Antonelli e Nicola Pagano, finiti sotto processo insieme al macedone Hikmet Jashari a seguito delle indagini della Squadra mobile di Ascoli nell’ambito dell’operazione "Bianca Immacolata" per aver messo su a novembre 2019 un mercato di spaccio di cocaina, con base la zona, appunto, di porta Maggiore.

Il processo, celebrato con rito abbreviato, è terminato ieri con la condanna di Pagano e Antonelli a 2 anni e 8 mesi di carcere ognuno e di Jashiri a un anno e 8 mesi. La Procura ha chiesto 4 anni per i tre imputati difesi dagli avvocati Umberto Gramenzi, Silvia Morganti e Gerardo Marcantoni.

Non avendo scelto riti alternativi è stato invece rinviato a giudizio l’albanese Fabian Falli. Le indagini, coordinate dalla Procura di Ascoli hanno consentito di accertare molteplici cessioni di cocaina, tanto che alla fine dell’attività, durata circa tre mesi, sono stati identificati oltre 25 assuntori, quasi tutti ascolani. Secondo quanto ricostruito, Pagano e Antonelli avrebbero agito costantemente in accordo fra loro, con quest’ultimo che faceva da autista, in quanto il casertano era sprovvisto di patente. A sovrintendere al traffico sarebbe stato Pagano, con Antonelli incaricato di effettuare la maggior parte delle consegne della cocaina.

Lo stupefacente veniva fornito dal macedone Jashari che la faceva arrivare ad Ascoli attraverso un corriere, il quarto soggetto. Alla base dell’operazione "Bianca Immacolata" c’è una lunga serie di intercettazioni ambientali e telefoniche nelle quali la cocaina veniva nominata raramente. Gli acquirenti la definivano "cosa" oppure chi contattava Pagano era per chiedergli "un favore" o gli "aperitivi". C’era chi acquistava quattro dosi di coca alla volta da 0,5 grammi pagando quasi 200 euro. Un imprenditore ascolano la coca se la faceva portare direttamente in azienda, ma per lo più il luogo di appuntamento erano i bar con la scusa dell’aperitivo o un caffè, ma con puntate anche in altri locali di Ascoli.

Qualcuno si lamentava della qualità della cocaina, chiedeva se fosse una di quelle che "spacca il naso", ma come risposta gli veniva assicuravato che non c’erano sostanze da taglio aggiunte.

Peppe Ercoli