Bruno Squarcia, "Io giornalista, a 103 anni cerco lo scoop"

Il cronista scrive per il Carlino: "Mia la scoperta della Dama bianca di Coppi"

Bruno Squarcia nella sua casa

Bruno Squarcia nella sua casa

Ascoli, 13 maggio 2019 - Bruno, attende con più ansia il traguardo dei 104 anni o il secolo di notizie?

«Mi tengo stretti i miei 103, almeno fino al 17 luglio. Al secolo di notizie, comunque, non manca molto. Il primo articolo lo ricordo come fosse ieri, fu una corsa ciclistica ad Acquasanta Terme. Non avevo nemmeno 15 anni e posso dire che già mi sentivo un inviato: Acquasanta dista da Ascoli 20 chilometri, all’epoca una bella distanza. Da lì non mi sono più fermato».

Conserva ancora la sua prima tessera dell’Ordine?

«Certo. E’ datata 1935, con l’aggiunta ‘XIII’ di fianco, cioè tredicesimo anno dell’era fascista. Attenzione però, quando me l’hanno data già scrivevo da tempo».

Ha mai pensato a quante domande ha fatto in 90 anni di attività?

«Tante, tantissime, a tutti. Dai ministri a piazza Colonna, quando lavoravo al Tempo, ai passanti nella mia città, magari per avere i dettagli di un fatto di cronaca locale. La domanda è il primo passo per avere la notizia».

Ma non si è stancato di curiosare?

«Mai. E nemmeno di scrivere. Guarda qui sul tavolo, sai perché ci sono questi ritagli di giornale e questa lente d’ingrandimento? Perché i primi spunti per i miei pezzi li prendo dagli articoli che leggo. A proposito, presto chiamerò il Carlino di Ascoli per dettarne uno sull’acquedotto».

Ho capito, della pensione non se ne parla. Ma se le dico ‘scoop’ cosa risponde? Ne ha mai fatti?

«E’ una parola inglese che però conosco bene anche io. Anzi, mi viene in mente un fatto ben preciso, che riguarda Fausto Coppi. Lui e Bartali li conobbi a Pescara per il primo trofeo Matteotti, nei primi anni ’50. Coppi tornò nel Piceno per la gara del ‘Circuito degli Assi’ e, che ci crediate o no, fui io il primo ad avere informazioni sulla sua relazione con quella che poi fu chiamata ‘Dama bianca’».

Negli anni d’oro della sua attività quali altri personaggi conobbe?

«L’elenco sarebbe infinito. Una su tutte è Mina, la conobbi a San Benedetto tramite Pedro Fabiani, suo animatore e presentatore nei primi anni di carriera. Nei primi giorni caldi del 1958 decise di fare il bagno, di prima mattina, allo stabilimento balneare dei fratelli Del Zompo. Solo che lo fece senza reggiseno. Mi fu riferita la notizia e la scrissi. Scoppiò il putiferio».

Bruno Squarcia e la politica sono andati d’accordo?

«Sempre. Nella mia carriera ho scritto di sport, con la fortuna di essere corrispondente della Gazzetta per una vita, ma la politica è sempre stato l’argomento più appassionante per me. Quando lavoravo al Tempo diventai amico di Badoglio, che nel 1949 venne anche ad Ascoli. Ci prendemmo un’anisetta con la mosca (cioè con il chicco di caffè ndr) al Meletti, in piazza del Popolo. Ho sempre ascoltato e scritto di tutti, da destra a sinistra. Ricordo con affetto l’artista Osvaldo Licini, che era sindaco di Monte Vidon Corrado, allora provincia di Ascoli. Un comunista tutto d’un pezzo a cui feci un’intervista memorabile. ‘Togliatti – mi raccontava - dice che le mie opere valgono milioni e vanno esposte al Louvre’. Aveva ragione il segretario del Pci: Licini era un genio».

Una domanda scomoda: lei per chi votava?

«Nessun problema a rispondere: sempre a destra. Anche se dai miei articoli era impossibile dedurlo. Ho sempre avuto grandissimo rispetto di tutti. Avevo grande stima dei parlamentari del Movimento Sociale, conoscevo Almirante ed ero amico di Pino Rauti, mio capocronista al Tempo».

Una domanda ancora più scomoda: la morte di Bruno Squarcia sarà una notizia?

«Non lo so, mi auguro solo non sia una ‘notizia annunciata’. Voglio dire, spero di continuare a stare bene e poi, all’improvviso, di fare il salto. Credo in Dio e sono sicuro che non finisca tutto qui. Insomma, non mi spaventa. Solo una cosa mi dispiacerà».

Cosa?

«Che non potrò essere io a scriverla».