Emergenza idrica Ascoli, il geologo: "Ecco cosa è successo dopo il terremoto"

Da lunedì niente acqua nelle ore notturne in gran parte del Piceno. Parla il geologo e docente dell'Unicam Marco Materazzi

Il geologo Marco Materazzi

Il geologo Marco Materazzi

Ascoli, 16 gennaio 2019 - Gran parte del Piceno, da lunedì, è rimasto a secco nelle ore notturne. La Ciip ha infatti adottato un provvedimento necessario al razionamento delle risorse idriche, sempre più scarse da quando il terremoto ha prosciugato e deviato alcune falde, riducendo notevolmente la portata dell'acquedotto. La misura adottata dalla Ciip prevede la chiusura dei serbatoi dalle 23 alle 6 del mattino in molte aree situate nei comuni di Ascoli, Venarotta, Roccafluvione, Folignano, Maltignano, Acquasanta Terme, Castel Di Lama, Castignano, Castorano, Colli del Tronto, Spintoli, Pagliare, Offida, Rotella, San Benedetto, Acquaviva, Monsampolo, Grottammare, Cupra Marittima, Montalto, Montedinove, Montefiore Dell'Aso, Ripatransone, Monteprandone, Lapedona e Ortezzano e non ha una data di scadenza, nel senso che l'acqua continuerà a mancare fino alla prossima comunicazione. A far luce sui motivi che hanno fatto scattare il codice rosso è il geologo Marco Materazzi, docente all'Università di Camerino. Cosa è successo dopo il sisma? "Il terremoto ha sostanzialmente modificato la circolazione delle acque sotterranee sia a scala locale che a scala regionale. Per scala locale si intendono le sorgenti solitamente più superficiali o quelle di alta quota. Quello che abbiamo notato è che, in alcuni casi, si sono prosciugate, in altri hanno aumentato la loro portata o se ne sono create addirittura di nuove". Si tratta di un processo irreversibile? "In alcuni casi gli effetti sono temporanei, in altri stanno perdurando e non sappiamo se saranno permanenti. Per scala regionale intendiamo le sorgenti alimentate da serbatoi più profondi. Le informazioni che ha fornito l'Ingv ci dicono che il terremoto ha sostanzialmente 'abbassato' tutto il settore occidentale dei monti Sibillini in corrispondenza del Vettore e di gran parte dell'area epicentrale del terremoto del 30 ottobre. Mentre nel bacino di Norcia le sorgenti hanno aumentato la loro portata, il settore occidentale è stato globalmente penalizzato. L'ipotesi è che ci sia stato un travaso di una parte della risorsa idrica dal versante occidentale a quello orientale". Il danno è quantificabile? "Per la zona del Piceno, i dati sicuri sono la perdita oramai definitiva di circa 50 litri/secondo dalla sorgente di Forca Canapine, oramai completamente secca e di oltre 300 litri/secondo dalla sorgente di Foce di Montemonaco; di per sé sono già dei quantitativi molto importanti. Stiamo continuando a monitorare la situazione, ma questi effetti sembrerebbero irreversibili". Crede che il provvedimento adottato dalla Ciip possa bastare? "Sicuramente è una soluzione adeguata per risolvere l'emergenza attuale, ma a lungo termine bisognerà pensare a soluzioni differenti". Cosa si prevede per il futuro? "Tutto dipende da come la situazione evolverà nei prossimi mesi e nei prossimi anni, visto che queste modificazioni, soprattutto le maggiori, tendono a perdurare nel tempo. Lo storico dei dati non ci permette di comprendere appieno se alcune variazioni sono da imputare totalmente al sisma o anche a stagioni particolarmente siccitose, come quella del 2016 e in parte del 2018". Esistono soluzioni 'artificiali' al problema? "Invertire il processo è impossibile L'unica cosa che si può fare è individuare nuove aree idonee allo sfruttamento delle risorse idriche".