I rifiuti arrivati dal Nord e le soffiate sull’inchiesta

I vertici Geta sapevano di avere i telefoni sotto controllo e non lo nascondono nelle loro conversazioni anche con altri soggetti. Sospetti su un furto

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In 7.500 pagine il procuratore antimafia Paolo Gubinelli a settembre 2020 aveva spiegato i motivi per cui a suo avviso il giudice delle indagini preliminari di Ancona avrebbe dovuto emettere misure cautelari a carico dei vertici della Geta nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei rifiuti nella discarica dell’Alto Bretta.

Rifiuti che arrivavano dal nord Italia per essere smaltiti nel Piceno in maniera che al magistrato dorico ha suscitato più di una perplessità, in particolare nel meccanismo dell’attribuzione dei codici Cer che ha permesso di abbattere costi e quindi incrementare i guadagni della ditta di Ivan Brandimarte dai collaboratori familiarmente chiamato ’boss’. La raccolta di elementi d’inchiesta che per la Procura distrettuale antimafia ha portato a galla il ’Sistema Ascoli’ è avvenuta essenzialmente con intercettazioni ambientali e telefoniche.

Ma alla Geta qualcuno aveva sub odorato di essere sotto controllo, tanto da sospettare che dietro un furto avvenuto a marzo 2019 ci fosse un ingresso per piazzare telecamere o microfoni ambientali. Nell’informativa si parla dell’appuntato Giovanni Palumbieri che avrebbe dato ai vertici della Geta informazioni sull’indagine in corso. Lo stesso pm però scrive che il militare dell’Arma non conosce i dettagli dell’inchiesta e che ne inventa alcuni semplicemente per accattivarsi le loro simpatie quali sponsor della società di calcio per non vedenti in cui è impegnato.

Intercettazioni ambientali sono state fatte anche negli uffici della Provincia di Ascoli; conversazioni dalle quali emergono perplessità sulla gestione delle pratiche relative all’abbancamento dei rifiuti tanto che gli interlocutori ritengono necessaria un’ordinanza del presidente: nel commentare il provvedimento qualcuno dice "che macello", ma in effetti quel giorno stesso il documento venne firmato e riguardava l’abbancamento di rifiuti, anche cimiteriali. I vertici Geta sanno di avere i telefoni sotto controllo e non lo nascondono nelle loro conversazioni anche con altri soggetti, comunicandolo ai propri dipendenti; temono vi sia stato istallato da remoto un Trojan, un virus utilizzato per le intercettazioni. Tutta l’indagine dei carabinieri è partita da segnalazioni di associazioni ambientaliste di Ascoli. Sono stati istituiti posti di osservazione per monitorare i movimenti e la gestione della discarica dell’Alto Bretta, con "accettazione di rifiuti apparentemente non corrispondenti con quanto dichiarato nei formulai".

Peppe Ercoli