"Indispensabile alzare gli argini e non costruire nelle zone alluvionali"

Fazzini: "Il clima è cambiato, portando più eventi estremi come quello dell’Anconetano"

"Dopo l’esondazione del 1992 sull’alveo del Tronto sono stati fatti interventi importanti anche se resta criticità a Porto d’Ascoli per il fatto che il letto del fiume all’altezza del ponte ferroviario è largo solo 40 metri. Ma ritengo sia necessario un piano di adattamento ai cambiamenti climatici". A parlare è Massimiliano Fazzini, climatologo responsabile nazionale della Società italiana geologica ambientale. "Quanto è stato fatto per mettere in sicurezza il Tronto, in particolare nel tratto terminale da Castel di Lama al mare, ci ha fatto stare sostanzialmente tranquilli finora; discorso a parte riguarda la stretta al ponte ferroviario. Bene anche il livello di monitoraggio – prosegue Fazzini – come anche i controlli allo Scandarello e a Talvacchia; magari non sarebbe male avere qualche vasca di laminazione in più all’alveo". Il problema però è un altro. "Gli interventi sono stati effettuati sulla portata delle precipitazioni che però sono cambiate, con eventi estremi come quello che ha portato all’esondazione del Misa". Il rischio quindi è aumentato. "E dobbiamo adattarci a ciò. Per il Tronto – suggerisce Fazzini – bisognerebbe fare un contratto di fiume che è stato ipotizzato, ma ci sono difficoltà visto che coinvolge tre regioni, Lazio, Marche, Abruzzo ed è difficile metterle d’accordo. Si potrebbe almeno fare un piano adattamento ai cambiamenti climatici coinvolgendo tutti i comuni dove scorre il fiume, progettando azioni mirate alla salvaguardia e alla sicurezza del fiume con eventualmente ulteriori opere di difesa, volte a mitigare il rischio idraulico, anche se comunque è diminuito negli anni". Sulla necessità di fare prevenzione si è espresso ieri anche Piero Farabollini, presidente dei geologi delle Marche. "Gli allagamenti e le esondazioni che si sono verificati si sarebbero potuti mitigare con un adeguato lavoro di prevenzione. Se qualcuno non lo avesse ancora compreso – ha detto Farabollini – lo ribadiamo con forza: il clima è cambiato. La quantità di pioggia che cade annualmente è rimasta, pressappoco, la stessa, ma il regime pluviometrico è completamente alterato". Per il presidente dei geologici marchigiani è "indispensabile tenere puliti i letti dei fiumi, non costruire nelle zone alluvionali; bisogna alzare gli argini, ripianificare le aree urbanizzate, ripensare a come realizziamo i canali di scarico, le sezioni fluviali, i ponti e altro ancora. Se il clima è cambiato – ha concluso - anche il nostro approccio deve cambiare".

p. erc.