Leggende da raccontare

Cammino la Terra di Marca Sant’Angelo in Montespino, il ranocchio e il cavaliere

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Aggiungo qui, in questa rubrica settimanale, quel che non ho potuto raccontare sabato 16 gennaio scorso. Chiamato dai responsabili dell’ "Open day e Continuità" a narrare la Terra di Marca, mi sono collegato con gli studenti delle scuole secondarie di primo grado dell’Istituto comprensivo di Petritoli. La prima impressione è stata quella di avere di fronte ragazzini attenti e già sollecitati. Un plauso agli insegnanti e alla dirigente, Livia Tammaro, che indirizza il lavoro. Il primo approccio è stato personale: la mia curiosità scattata nelle viscere dei residui del castello di Monte Verde per un passato che non è muffa ma brace che arde ancora sotto le ceneri, e si lega e si abbraccia al presente. Un caso: Sant’Angelo in Montespino, a Montefortino. Una pieve minuscola, visitatissima dai villeggianti, che s’erge lì da secoli di fronte ai Sibillini e al mare, "abitata" – e questo non l’ho detto in zoom – da un ranocchio di giorno e da un cavaliere di notte. Dove le colonne del piccolo tempio si colorano di una sostanza bianca che le popolane dei secoli scorsi raccoglievano in un fazzoletto, come rimedio, applicandolo alla guancia dove il dente doleva. Il Guerin Meschino intanto risaliva la china di sinistra del monte Sibilla. Guerin Meschino: Cavaliere errante! Colui che chiedeva lumi alla profetessa: Di chi son figlio? Chi è la mia famiglia? Qualche ultimo vecchio di Montemonaco forse narra ancora dei figli di Noè che "sbarcarono" sulla nostra montagna. La Terra promessa forse era proprio questa. Sorse Isola San Biagio, sorse la stessa Montemonaco. Ma si sa: l’uomo è angelo e demone. Pace prima, e scontri e guerre dopo. E un tuono, infine, violentissimo che fece ripensare al tragico Diluvio. Aggiungo ancora altro del "fantastico" accumulatosi nei tempi. La ragazza incontrata lungo la strada tra Belmonte Piceno e Grottazzolina. Serata di pioggia e di freddo. Una diligenza che si ferma. La giovane che sale, fradicia di acqua. Chiede un breve passaggio. Un bel volto! Da ricercare nei giorni successivi. Ritrovato in und isegno di lapide di cimitero, ragazza morta molto tempo prima. E sono le streghe di Francavilla d’Ete, Monte San Pietrangeli ed Alteta, che intrecciavano il crine dei cavalli e li cavalcavano, a notte fonda, sino allo sfiancamento. Ed è la fontana ristoratrice di Santa Vittoria in Matenano, che aiutava le puerpere ad avere latte per sfamare i bimbi appena il parto. Ed è la collana d’ambra, con un graffio trasversale, che un comandante Piceno – 2500 anni fa – lasciò alla sua donna prima di partire da Palma, per mare, e cadere in battaglia. Ma che tornò, secoli dopo, perché quella collana era stata ritrovata. Ed aveva quel graffio. E quella donna che l’aveva indossata per l’intera vita, in attesa di lui, ora poteva sorridergli e tendergli la mano. Perché raccontare queste "storie" minori, queste leggende? Pensavo al turismo, un tempo. Magari pure: emozione per chi ci fa visita. Ma penso di più oggi all’Irlanda, tornata nazione anche grazie ai miti, saghe e leggende di Williamo Butler Yeats. E all’Inghilterra che seppe reagire alle invasioni danesi e di altri popoli del nord, convocando e stringendo alleanze intorno al White Horse, il cavallo bianco, gessoso, che appare sulla collina del villaggio di Uffington, un tempo nelle terre del Berkshire. E se la fantasia fosse una delle corde per l’evasione da un mondo senza più anima?

Adolfo Leoni