FLAVIO NARDINI
Cronaca

II piano Maraldo per l’Ast: “Liste d’attesa, sindacati e doppio punto nascite. Ecco come mi sto muovendo”

Il nuovo direttore ospite al Carlino: “Il bilancio dei primi giorni è stato molto positivo. Sono tornato dopo 14 anni e ho trovato un’azienda nettamente cresciuta tra servizi e offerte”

Il direttore dell’Ast, Antonello Maraldo, nella redazione del Carlino e una visione dall’alto dell’ospedale Mazzoni (Foto Vagnoni)

Il direttore dell’Ast, Antonello Maraldo, nella redazione del Carlino e una visione dall’alto dell’ospedale Mazzoni (Foto Vagnoni)

Ascoli, 25 aprile 2025 – Direttore Antonello Maraldo, come è il bilancio dei primi giorni?

“Molto positivo. So per esperienza che la prima cosa che devi fare è una full immersion, perché quando sali sul treno in corsa non puoi prendere tempo e lasciarlo trascorrere. Ho letto tutti i documenti programmatici, tutto quello che ha riguardato in particolare la parte finale del 2024, e incontrato i principali stakeholder, il collegio di direzione e l’organizzazione sindacale e continuerò a farlo nei prossimi mesi. C’è una grande aspettativa che è legata in genere al cambiamento, non a Maraldo in quanto tale, e non voglio deludere perché finalmente torno a casa e posso dire la mia nel mio territorio, non voglio fare male”.

C’è stata tanta tensione con i sindacati in questi anni. La frattura è sanabile?

“Tutte le fratture sono sanabili se c’è la volontà di farlo da entrambe le parti. Ho trovato situazioni analoghe anche in altre realtà: a Torrette siamo riusciti a portare il sistema a un livello di conflittualità molto scarsa, stessa cosa ho fatto in questi ultimi due anni a Potenza. Sono ottimista perché incontrando i sindacati ho con loro focalizzato tanti problemi e ho detto che quando c’è una margherita si stacca un petalo alla volta. Sto cercando di portare i primi risultati concreti nel prossimo incontro che si terrà a maggio. A quel segnale vorrei poi che corrispondesse un’apertura di un dialogo senza strumentalizzazione”.

Ma come è messa la sanità nel Piceno? E’ ancora la ’Cenerentola delle Marche’?

“Non direi. Ho lasciato Ascoli nel 2011 e ci torno dopo 14 anni. Ho trovato un’azienda nettamente cresciuta in termini di qualità dei servizi e dell’offerta. Stiamo discutendo di due robot, di alcune branche che stanno sviluppandosi. Alcuni indicatori dicono che la sanità del Piceno non è affatto tra le ultime. Questo non significa che non abbia problemi, sicuramente c’è carenza dei medici in alcuni reparti. A una crescita del sistema è corrisposta la contemporanea crisi delle vocazioni e mancato accesso alle scuole specializzazioni, concorsi che vanno deserti, orientamenti professionali verso quella parte della professione medica più remunerativa. Oggi è molto difficile trovare chi vada nell’area dell’emergenza-urgenza. Abbiamo un gap da recuperare, ma credo che si sia fatto molto in questi anni. Poi la percezione che se ne ha all’esterno è un’altra anche per una serie di motivi oggettivi, come liste d’attesa e sovraffollamento di alcuni reparti. Ma sono dati nazionali sui quali dovrò lavorare necessariamente”.

Come si combattono le liste d’attesa?

“Questa è la domanda delle domande. La prima cosa da raggiungere è l’equilibrio tra domanda e offerta e non sono attualmente così distanti. C’è però un problema di arretrato, situazioni che si trascinano da mesi e sulle quali ovviamente poi si genera la tensione che conosciamo. Anche la normativa ci viene incontro, perché i recenti decreti del Governo e le disposizioni attuative regionali ci dicono di aprire il sabato e la domenica. È chiaro che lo faremo, ma con le risorse che possiamo mettere in campo”.

E’ sicuramente una delle sfide del futuro. Quali sono le altre?

“Le sfide nella nostra provincia sono utilizzare gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione, quindi macchine pesanti, ma anche intelligenza artificiale, che sta aiutando moltissimo. Poi noi abbiamo una visione della sanità che è ’ospedale centrica’, tutto quello che c’è intorno è come se fosse un contorno. Sta accadendo che man mano il decreto 77 va a regime, stanno nascendo opere come case di comunità, ospedali di comunità, punti unici di accesso, punti salute, eccetera. La vera sfida sarà rendere quei luoghi pieni di professionisti”.

Per quanto riguarda la mancanza dei medici si è parlato nei mesi scorsi di avere la possibilità di avere un’Università privata ad Ascoli. Sarebbe d’accordo?

“Visitando l’ospedale ho visto già materializzarsi un sogno che era quello che avevamo nei primi anni 2000 con l’ingegner Maresca e tutta quella nidiata nella quale c’ero anche io. Noi sognavamo di portare qui la facoltà di Medicina . Questa prima parte del sogno si è realizzata perché sono presenti tre corsi. Li ho visti popolati di ragazzi, con una tecnologia importante. Credo che se in qualche modo si realizzasse un equilibrio tra Università Politecnica delle Marche, Regione Marche, Ast e anche soggetti privati non sarebbe necessariamente un fatto negativo. È un fatto che però va governato con una formazione universitaria di qualità, quale la struttura pubblica oggi garantisce. A mio parere se lavoriamo bene ci sono anche le condizioni però con giudizio, ponderazione e non potendo mai dimenticare che il ruolo della facoltà di Medicina dell’università pubblica rimane un punto di riferimento essenziale”.

C’è un giusto equilibrio tra sanità pubblica e sanità privata?

“Sono mondi che possono e devono non confliggere. Quando si dice che nella parte meridionale delle Marche c’è troppa sanità privata è una cosa non del tutto esatta. Prima di arrivare ho letto che c’è stato un momento di tensione con alcuni imprenditori ma anche questo si può tranquillamente stemperare trovando in accordo delle forme di attenuazione di certi vincoli che sono stati posti, ma nel rispetto della legge. il tema è il piano di committenza, cioè cosa ti sto chiedendo di erogare per me: sono io che compro da te e ti chiedo cosa comprare, ma non indiscriminatamente, senza dialogare con te”.

Resteranno due punti nascita nel Piceno?

“In questa fase mi atterrei agli atti. L’atto aziendale prevede due punti nascita, sono entrambi conformi agli standard perché la conferenza Stato-Regione stabilisce l’organizzazione di due punti nascita, ma non solo, stabilisce che sopra 500 parti è possibile mantenere due punti nascita, quindi confermo quanto è stato detto nell’atto aziendale. Poi il tema è la riduzione delle nascite, perché qui forse dovremmo spostare un attimo il focus. Io arrivai a Torrette nel 2016 quando c’erano 2.100 parti, ora siamo a 1.650”.

Con il nuovo ospedale a San Benedetto si rischia un derby sulla sanità tra entroterra e costa?

“La logica del presidio unico su due stabilimenti non è una logica avulsa da altri contesti. È ovvio che devi evitare sovrapposizioni e duplicazioni, cosa che mi pare che nel disegno che si sta portando avanti e del quale comincio a conoscere i tratti essenziali stia avvenendo. Sta all’intelligenza del gestore garantire equità nella logica delle risorse. Poi se vogliamo parlare di derby...”.

Tornerà quello calcistico dopo 40 anni...

“Sono tifoso dell’Ascoli ma la mia famiglia rappresenta un po’ tutti i colori. Ho lavorato, ma anche vissuto 12 anni a San Benedetto. Sono contento che la Sambenedettese sia arrivata in Serie C. Ricordo l’ultimo derby da tifoso dell’Ascoli, così come ricordo quelli negli anni 70. Dentro casa sono in minoranza, perché con due figlie su tre nate a San Benedetto, non fosse altro per contrastare il padre, mi fanno continuamente dispetti. I miei amici di Grottammare sono prevalentemente sambenedettesi e poi ormai da incendiario sono diventato pompiere, per cui se riusciamo a crescere tutti cresce un sistema. Un’ora dopo lo sfottò – rimane il magone fino al lunedì se dovessi perdere un derby – non me la prenderei, la vita prosegue”.