Morte in cantiere a 28 anni. Incidente sul lavoro a Villa Sant’Antonio: seconda condanna

Il 15 gennaio 2018 durante gli interventi per la nuova linea del metanodotto Gianluca Caterini perse la vita: nei guai il caposquadra .

Morte in cantiere a 28 anni. Incidente sul lavoro a Villa Sant’Antonio: seconda condanna

Morte in cantiere a 28 anni. Incidente sul lavoro a Villa Sant’Antonio: seconda condanna

Il tribunale di Ascoli ha emesso ieri la seconda condanna nel processo per la morte di Gianluca Caterini, il 28enne di Gela deceduto il 15 gennaio 2018 in un incidente sul lavoro avvenuto nella zona industriale a Villa Sant’Antonio, dove era in fase di realizzazione una nuova linea del metanodotto.

Il giudice Domizia Proietti ha riconosciuto colpevole di omicidio colposo Mario Barbaro, 46 anni di Potenza. In precedenza aveva definito la propria posizione Nicola Trabassi, 48 anni di Teramo che al termine del processo celebrato con rito abbreviato era stato condannato a un anno, 4 mesi e 15 giorni di reclusione.

Barbaro, difeso dall’avvocatessa ascolana Rita Occhiochiuso, è stato giudicato con rito ordinario. Il giudice ha riconosciuto una provvisionale immediatamente esecutiva in solido tra imputato e responsabile civile pari a 55.000 euro in favore della moglie e della figlia di Caterini che si sono costituite parte civile. Il risarcimento dovrà essere stabilito in sede civile. Riconosciuti 5.000 euro all’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) che si era costituito.

Secondo l’accusa, Barbaro, in qualità di capo squadra designato dal raggruppamento temporaneo di impresa composto da Sicilsaldo e Nuova Ghizzoni, non avrebbe vigilato sull’osservanza da parte dei lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Catarini, Trabassi e altri operai furono incaricati da Barbaro di recarsi in via Molino Carfratelli (diversa dal cantiere individuato dal Piano operativo di sicurezza) e di scaricare un autoarticolato che trasportava tubi metallici, accatastandoli su traversine di legno.

Eseguita l’operazione, gli operai incaricati dalla ditta si sono accorti che la catasta realizzata era leggermente inclinata su un fianco; temendo che potesse perdere stabilità, i lavoratori hanno quindi deciso di posizionare verticalmente, a ridosso della catasta, un tubo di ferro lungo quattro metri, del peso di circa duecentocinquanta chili. Dopo aver legato il tubo con una cinghia in tessuto utilizzata per il sollevamento dei carichi, alla guida della gru Trabassi lo ha sollevato spostandolo in prossimità della catasta, mentre gli altri operai provvedevano al corretto posizionamento: un’operazione messa in campo per consentirgli di battere in testa il grosso tubo di metallo e infilarlo nel terreno, proprio grazie alla spinta esercitata dal braccio della gru.

Secondo la Procura ascolana, mentre Trabassi iniziava la discesa del braccio meccanico, la fune che, vincolata al gancio di carico garantiva in tensione la stabilità del grosso tubo in posizione verticale, si è allentata.

Il tubo per questo motivo ha quindi compiuto una rotazione, andando a colpire sul fianco sinistro Caterini, spingendolo verso la catasta dei tubi. A seguito dell’impatto del fianco destro su una traversina fra le file dei tubi, Caterini ha subito un trauma toracico chiuso con shock ipovolemico ed è morto.

Peppe Ercoli