Coronavirus, Paolo Ciccarelli dopo gli insulti. "Fango su di me"

Racconta al Carlino la vacanza a Cortina, il contagio e il dolore, non solo fisico: "Non sono un irresponsabile"

Paolo Ciccarelli, il dirigente del Comune di Ascoli che si è ammalato di Coronavirus

Paolo Ciccarelli, il dirigente del Comune di Ascoli che si è ammalato di Coronavirus

Ascoli Piceno, 31 maggio 2020 - Paolo Ciccarelli è tornato a casa e sta bene. E’ il dirigente del Comune che si è ammalato di Covid 19 e ha dovuto affrontare un lungo ricovero, con momenti di criticità e paura per lui e per i familiari. Un’esperienza che ha lasciato il segno. Come lo hanno lasciato le accuse che parte dell’opinione pubblica (specie sui social) gli ha rivolto. Per molti è stato l’ "untore", visto che altri dipendenti comunali si sono ammalati, uno anche in maniera molto grave, come lui. Ciccarelli ha scelto di dire la sua per interrompere la caccia alle streghe che in parte ancora impazza sui social. "Lo devo non solo a me, ma soprattutto alla mia famiglia, ai parenti, amici, conoscenti e colleghi che con le loro dimostrazioni continue di affetto e vicinanza hanno unito le loro preghiere a quelle dei miei cari".

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Ciccarelli, iniziamo dalla gita sulla neve. Si poteva evitare?

"Sono stato sulle Dolomiti dal 25 al 28 febbraio. Cortina non era zona rossa, nessun rischio era ancora noto e non vi era alcuna restrizione in Italia se non a Codogno e Vò Euganeo. Si parlava solo di precauzionale chiusura delle scuole, con informazioni contraddittorie e imprecise. Cortina era nei giorni di massima affluenza, con il tutto esaurito e troupe della Rai che registrava una nota trasmissione".

Dal 2 al 6 marzo è tornato in Comune. Aveva sintomi? "No, stavo bene. Un mio congiunto, che non era venuto con me a sciare, aveva qualche linea di febbre, scomparsa in due giorni. Ho partecipato ad una cena con colleghi del Comune e ad una con amici, e assicuro che in entrambe le sere non avevo alcun sintomo significativo. Mi è salita la febbre nel pomeriggio di domenica 8 marzo: da quel giorno non sono più andato al lavoro. Nonostante non fossi stato in zona rossa, per scrupolo ho chiesto il tampone. Ma c’è voluto qualche giorno".

Perché questa attesa? "I medici hanno rispettato le direttive sanitarie nazionali, non avendo riscontrato in me sintomi come gravi difficoltà respiratorie. Il 12 marzo sono riuscito a farmelo fare ed è emersa la positività. Intanto le mie condizioni si sono aggravate e sono stato ricoverato d’urgenza. Oggi sappiamo che arrivare tempestivamente in ospedale significa avere un decorso meno lungo e grave. Tutta la famiglia ha fatto il tampone ed il 14 marzo è risultato che il congiunto che aveva avuto la febbre era positivo, ma senza complicazioni".

Stabilire dove si è ammalato è possibile? "Non so quando e in quale fase è accaduto, tenuto conto per altro che i primi sintomi li ho avuti nove giorni dopo il rientro dalla montagna. Non so se ho trasmesso il virus a qualcuno, nel quale caso, benché con enorme e sincero dispiacere, sarebbe comunque avvenuto del tutto inconsapevolmente. Quello che voglio far capire è che non ho avuto comportamenti superficiali o scorretti . Alla prima febbre, l’8 marzo, non sono più andato al lavoro e non ho incontrato persone. Men che meno ho partecipato quella sera ad una cena in un ristorante a San Benedetto, il cui titolare purtroppo è deceduto per Covid e la sua morte è stata associata a me. Una calunnia grave e assurda, visto che ero a casa, già malato. Sono un uomo di pace e non mi piace parlare di denunce o altro. Ricordo solo a tutti che ammalarsi non è mai una colpa, né lo è condurre una vita normale prima di contrarla".