
Massimo Malavolta è sempre ricoverato all’ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto
E’ sempre ricoverato all’ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto Massimo Malavolta, il 48enne accusato dell’omicidio volontario della moglie Emanuela Massicci, massacrata di botte la notte del 19 dicembre scorso nella loro abitazione a Ripaberarda. Le sue condizioni psicofisiche non consentono ancora il trasferimento nel carcere di Marino del Tronto, così come disposto dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Ascoli dopo l’udienza di convalida dell’arresto operato dai carabinieri. Malavolta è ancora sottoposto a terapia ed è sotto osservazione da parte dei sanitari del nosocomio rivierasco e degli agenti della polizia penitenziaria che lo piantonano nella sua stanza.
Intanto il suo avvocato difensore, Saveria Tarquini, ha presentato istanza al giudice delle indagini preliminari affinché il suo assistito sia sottoposto a perizia psichiatrica vlota a stabilire la capacità di intendere e di volere al momento del fatto e l’imputabilità. Ciò non solo alla luce del fatto che il 48enne avrebbe agito dopo aver assunto cocaina (di cui sarebbe assuntore saltuario), ma anche per i pregressi problemi di salute psichica che lo avevano portato poco più di un anno fa ad un accertamento sanitario obbligatorio all’ospedale di San Benedetto e poi, dopo le dimissioni, ad essere preso in carico dal Centro di Salute Mentale di Ascoli dove si recava con una certa regolarità, anche accompagnato dalla moglie che non lo ha mai denunciato. Sulla richiesta della difesa dell’indagato, il giudice Annalisa Giusti si è riservata la decisione che renderà nota comunque a breve. A provocare il decesso di Emanuela Massicci sarebbe stata la copiosa perdita di sangue a seguito delle ferite e dei traumi causati dai violenti colpi sferrati dal marito a mani nude, che hanno determinato fratture al naso, a diverse costole e all’ulna, oltre a tumefazioni in molte parti del corpo. In base a questo quadro, l’agonia potrebbe essere stata lunga, provocata da un’anemia, col marito presente che solo a decesso avvenuto ha dato l’allarme, molte ore dopo l’aggressione.
La ricognizione cadaverica ha stabilito infatti che la morte è avvenuta circa sette ore prima della ricognizione cadaverica, quindi fra l’una e le due di notte, mentre il marito ha dato l’allarme solo alle 5,32 telefonando ai genitori che, a loro volta, si sono rivolti al 112. Ma quando i sanitari del 118 e i carabinieri sono intervenuti nell’abitazione a Ripaberarda, per Emanuela Massicci non c’era purtroppo più niente da fare. Sul corpo di Emanuela Massicci sono state trovate diverse lesioni e tumefazioni anche precedenti l’assassinio, segno che, probabilmente, era già stata picchiata in precedenza.
Peppe Ercoli