Ridurre il divario tra le regioni: un obiettivo di sempre

Chi è nato prima del 1970 ricorderà gli entusiastici ideali sulle autonomie regionali, sancite dalla costituzione repubblicana, con il consenso di tutte le forze politiche di quel momento. In Europa, come nel resto del mondo, si osserva l’Italia come un paese con un Sud che arranca, un Centro in evoluzione e un Nord, comunque, sempre in crescita. Semplicistica analisi che, tuttavia, poggia su storici negativi ostacoli. Nonostante le varie crisi, ultima in ordine cronologico quella della guerra in Ucraina, Nord e Centro, sono in un riscontrabile fermento per il Pnrr, mentre il Sud, non risulta in effervescenza, come dovrebbe. Nel 1945, l’Italia era un gran ammasso di rovine, civili e industriali. Le Marche, il Veneto e la Basilicata, furono indicate come le tre regioni più povere d’Italia, dal censimento del 1951, la loro arcaica economia agricola, era basata sulla mezzadria.

Dopo due decenni le Marche, erano al sesto posto nella graduatoria tra le regioni per crescita socio-economica. Nel fermano, si formarono dal nulla due grandi distretti industriali del cappello e della calzatura, ancora tra i più grandi d’Europa per numero di aziende, nonostante la spaventosa falcidia dovuta alla globalizzazione. Due autentiche rivoluzioni socio-industriali in una piccola regione, tra l’altro priva di storia industriale. Oggi, ovviamente, in fase di totale innovazione di prodotti e processi produttivi. Di più grande sviluppo, fu il Veneto, divenendo una delle più dinamiche regioni italiane. E’ superfluo sottolineare che il Sud di oggi, non è più quello del 1945, ma è e rimane sempre il ’diseguale’. Le ragioni, probabilmente, sono varie. Per restare nel comparto dello sviluppo, anche industriale, non si può non ricordare il marchigiano Enrico Mattei, che fondò l’Eni, che aveva fatto della Sicilia, la base e lo strumento operativo per lo sviluppo di tutto il Sud. Ambiva gareggiare con il Nord-lombardo, così come fece con le Marche. Lunga, mi auguro accettabile, introduzione, per riconoscere la validità della proposta di legge sul riequilibrio delle ’diseguaglianze tra regioni’ (Nord-Centro-Sud), ma anche interne alle regioni stesse, come testano le stesse Marche, questa, tra l’altro, pone le condizioni per evitare gli egoismi e promuovere le potenzialità, anche private, nelle aree che stentano al decollo, nonostante gli aiuti del Pnrr. Si fa riferimento alla ex ministra Gelmini per ridurre le grandi disuguaglianze tra e nelle Regione italiane.

Ubaldo Renzi