Sabine Maccarone, la storia. "Nostra figlia massacrata, vogliamo giustizia"

La giovane, 39 anni, fu trovata in fondo a un pozzo. In appello è stato assolto il presunto mandante

Sabine Maccarone, 39 anni, trovata morta il 16 aprile 2007

Sabine Maccarone, 39 anni, trovata morta il 16 aprile 2007

Ascoli Piceno, 16 maggio 2019 - E’ stato ribaltato in appello il verdetto della Corte d’assise di Trapani che, nel novembre del 2016, aveva condannato all’ergastolo, quale mandante dell’omicidio della 39enne elvetica Sabine Maccarrone, il 61enne Gianni Melluso, originario di Sciacca, detto 'Gianni il bello' e noto per essere stato uno dei principali accusatori del conduttore Enzo Tortora. Ad accusare Melluso di essere il mandante dell’omicidio Maccarrone fu l’autore materiale del delitto, Giuseppe D’Assaro, condannato a 30 anni di carcere con rito abbreviato dopo essersi autoaccusato. I giudici della Corte di Appello non gli hanno creduto. 

Sabine Maccarrone fu ritrovata, priva di vita, nel fondo di un pozzo a Mazara del Vallo. Era il 16 aprile 2007, il suo corpo, in avanzato stato di decomposizione, era stato nascosto all’interno di un pozzo artesiano, il cui imbocco era stato coperto con tegole e massi. Il pozzo si trovava accanto alla casa di campagna, in contrada San Nicola, a Mazara, di proprietà della madre di D’Assaro. In un primo momento, si era ipotizzato che la vicenda potesse inquadrarsi nell’ambito di un traffico di droga, ma poi, si fece largo anche il movente della gelosia. Abbiamo ascoltato i due genitori: Benito e Benedicta Rita Maccarone, che abitano a Pagliare.

Signori Maccarone, qual è il vostro stato d’animo all’indomani di questa sentenza della Corte di Assise di appello? «Troviamo tutto questo assurdo e ingiusto. Non vogliamo commentare le sentenze, ma rovesciare completamente il giudizio ci lascia esterrefatti. Passiamo da una condanna all’ergastolo all’assoluzione. E’ qualcosa che lascia basiti, perché mia figlia non era un oggetto, era una persona e oggi qualcuno continua a vivere mentre nostra figlia non c’è più».

Cosa farete? «Cerchiamo la verità, vogliamo la verità per nostra figlia. Sabina lo merita. Vogliamo sapere cosa è successo. E’ un nostro diritto. Vorremmo anche puntualizzare che siamo una famiglia composta, risentiamo della cultura elvetica, ma questo non deve essere un alibi. Sono passati 12 anni dall’efferato delitto, ma per noi è come se fosse successo ieri. Sabine era la piccola di casa, in molti l’hanno definita fragile. Per noi era una bella ragazza, di carattere, una splendida farfalla finita nella rete di un orribile ragno»

Come era Sabine? «Era una ragazza solare e straordinaria, con un grande cuore. Era finita dalla Svizzera a Sciacca per una delusione di amore. In quel periodo era cambiata, anche esteticamente, da bruna era diventata bionda, più appariscente, ha inseguito la Sicilia sperando di trovare un ambiente ben diverso da quello che invece ha trovato».

Invece? «Siamo convinti che non si sia resa conto di dove era capitata, di chi erano quelle persone che frequentava. Sabine era un’appassionata di animali, questo è stato il motivo che l’ha costretta a rimanere ancora in Sicilia, molto probabilmente l’avrebbe presto lasciata per ricongiungersi a noi, qui a Pagliare. La cosa più importante è che vogliamo sapere perché Sabine è stata uccisa, deteneva forse un segreto? Nostra figlia aveva tutta la vita davanti, voleva fare tante cose e invece ce l’hanno uccisa. Ribadisco, come famiglia abbiamo poco a che fare con processi e situazioni di questo genere, ma questo non deve essere un ostacolo al raggiungimento della verità. Siamo credenti e l’unica consolazione e speranza è che Gesù è risorto e noi speriamo anche nella resurrezione di Sabine, di riabbracciarla, questa è la nostra speranza, questa è la nostra consolazione».