Annamaria Franzoni torna a Cogne: tre giorni con il marito

Ha trascorso il Ferragosto nella villetta dove 20 anni fa uccise il figlio Samuele. Ha curato il giardino e i fiori e scambiato qualche saluto con i vicini

Annamaria Franzoni a Cogne. Foto concessa dal settimanale Giallo (Cairo Editore)

Annamaria Franzoni a Cogne. Foto concessa dal settimanale Giallo (Cairo Editore)

Bologna, 9 settembre 20922 - Un anonimo ritorno a casa proprio lassù, tra i monti degli anni felici e dei giorni dei sospetti e delle accuse. Annamaria Franzoni è ricomparsa, a Cogne, con l’atteggiamento di sempre: serena, riservata e gentile ha fatto quattro passi lungo le vie del paese con la stessa disinvolta tranquillità dei tempi lontani, prima che la macchia nera dell’assassinio del suo bambino di tre anni, Samuele, sconvolgesse la sua vita, quella dei famigliari, dei paesani, di tutti.

Un blitz ferragostano dall’Appennino bolognese alle vette della Val d’Aosta, 72 ore o poco più per dare nuova aria alla baita panoramica di Montroz, lungo la salita per Gimillan, affacciata sui tetti di Cogne e sullo scenario incantato del Gran Paradiso, teatro di un’alba tragica e di uno strascico di quesiti per buona parte ancora in sospeso. Fu lei, per l’accusa, a massacrare il figlioletto con una tempesta di 17 colpi sferrati con un’arma ancora misteriosa, nel gelo del 30 gennaio di vent’anni fa. Fu lei a costruire, in quei momenti, la figura di un ‘killer dei piccini’ in libera circolazione, a caccia di altri bimbi da massacrare. E fu sempre lei, anche dopo la conferma della condanna a 16 anni, nel 2008, a ribadire la propria innocenza e a insistere, convinta, sull’ipotesi di un clamoroso errore giudiziario.

Non cadde la neve, in quell’inverno lontano, e in mancanza di orme rilevabili l’ipotesi della sinistra figura di un assassino ancora in giro vagò per qualche tempo, qua e là, tra madri spaventate, padri per lo più scettici e investigatori sempre più convinti e in cerca di un movente, prima di svanire tutt’intorno alla figura di Annamaria. Il tempo, gli indizi e le perizie più che le prove, infatti, sbiadirono le sembianze di un massacratore acquattato chissà dove e la baita di Montroz, con l’arresto della proprietaria, entrò rapidamente nel circuito malaticcio del turismo macabro, con irruzioni notturne nella tenuta dei Lorenzi in cerca di souvenir o per una foto ricordo con la villa sullo sfondo. La stessa Franzoni denunciò più volte le turpi scorribande.

Poi, le cronache del fatto di sangue lasciarono il posto ai complicati cavilli un po’ burocratici sulle parcelle non pagate all’avvocato difensore, con una forbice allargata dai 274 mila euro iniziali a 450 mila, sulle diverse interpretazioni e sui presunti accordi non sempre rispettati. Le conseguenze? Asta giudiziaria, intesa tra le parti, tutto appianato e nuova consegna delle chiavi alla famiglia Lorenzi.

Nell’ultima puntata a Cogne affollata dal turismo estivo, Annamaria, che ha 51 anni, è rimasta quasi sempre in casa con il marito Stefano, a curare il giardino e i balconi fioriti. Il saluto ai vicini, la spesa e poco più, momenti fissati dal settimanale ‘Giallo’ di Andrea Biavardi.

Solo tre giorni poi il ritorno nella bella villetta a un piano tra i campi di Monteacuto Vallese e ai consueti impegni nella gestione, con la famiglia, dell’agriturismo ‘I Castagneti’, sopra la frazioncina di San Benedetto Val di Sambro. Il blitz, e il rientro nel nulla. Ma ogni puntata di Annamaria a Cogne rimette in piedi i tragici passaggi di quel mattino di morte. E ancora adesso, vent’anni dopo e nonostante la condanna definitiva, la schiera degli innocentisti è folta come quella dei colpevolisti. O quasi.

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