Una domanda agli apicoltori bolognesi. Quest’anno non ho ancora visto, contrariamente al solito e dato che siamo già in giugno, in zona San Donnino le api che cercano siti per creare i loro alveari. Mi chiedo quindi se si tratta di un problema riguardante l’inquinamento. Oppure le api devono fare i conti con uno scompenso del clima legato all’arrivo in ritardo della primavera?
Armando Palmia
Risponde Beppe Boni
Le api non sono un arredo dell’ambiente, al contrario sono estremamente utili perché concorrono all’impollinazione e quindi anche alla riproduzione delle piante. Il problema è che la popolazione è in crisi in tutto il mondo, Italia inclusa. E il concetto vale sia per le api selvatiche sia per quelle produttrici di miele, cioè le cosiddette domestiche. A volte gli sciami possono spostarsi da un’area all’altra, ma il problema esiste ed è molto serio. È un altro sintomo del cambiamento del clima che influenza negativamente l’ambiente. In dieci anni si è perso circa il 50% della capacità produttiva di questi animaletti. Le stagioni si sono alterate a causa dei cambiamenti climatici e, di conseguenza, le piante producono nettare in maniera discontinua per chi si occupa di apicoltura, creando sconvolgimenti negli alveari e diminuendo drasticamente le produzioni di miele. La crisi climatica inoltre indebolisce le api, esponendole a minacce, malattie e attacchi di parassiti come gli acari, che proliferano in modo esponenziale col caldo, o come la vespa orientalis, un tipo di calabrone che si alimenta delle proteine di cui è ricco il corpo delle api, distruggendo interi alveari. Gli apicoltori e i tecnici ovunque stanno studiando sistemi di protezione e di conservazione. Facciamo il tifo per loro.
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