Cinghiali, la Regione Emilia Romagna: "Troppi graziati dai cacciatori"

La richiesta inviata alle doppiette: sparate di più. Loro nicchiano, ecco perché

Un cacciatore

Un cacciatore

Bologna, 15 gennaio 2019 - Non ci sono più i cacciatori di una volta. Per quantità, sicuramente: in Emilia Romagna erano 60mila, oggi sono poco più della metà e nel giro di qualche anno scenderanno ad appena 10mila. Ma è solo una metà del problema. La Regione ne avrebbe bisogno per limitare le ‘mandrie’ di animali selvatici che scendono a valle, ma loro fanno orecchie da mercante: «Stiamo cercando di convincerli a darsi più da fare, invece una parte di loro nicchia, tentenna e resta attaccata all’idea tradizionale che la caccia sia legata al periodo tra ottobre e dicembre», allarga le braccia l’assessore all’Agricoltura, Simona Caselli.

L’assessore regionale Simona Caselli
L’assessore regionale Simona Caselli

Un bel problema. Perché la presenza di cinghiali, daini, caprioli e cervi ormai è fuori controllo. Secondo i dati forniti dai Centri di recupero degli animali selvatici convenzionati, dal 2012 al 2017 sono stati la causa di 4.745 incidenti stradali. In pratica, quasi mille all’anno o tre al giorno. Un dato che impressiona ancora di più, se si considera che è anche una stima al ribasso: «Non tiene conto di chi preferisce non denunciare il sinistro o dei casi in cui i centri non vengono interpellati», sottolinea ancora la Caselli.

Una situazione alla quale la Regione sta cercando di mettere una pezza con dissuasori acustici, sensori luminosi, ultrasuoni e cartelli di avvertimento per gli automobilisti. Tutti rimedi che, però, da soli non possono bastare. Anche la soluzione ideale, cioè la sterilizzazione degli animali, al momento è un’utopia: «Noi contiamo molto sulla ricerca scientifica, ma attualmente l’unico metodo esistente ha un’efficacia di sei mesi, poi andrebbe ripetuto ricercando gli esemplari tra centinaia di migliaia di animali». Impraticabile, appunto.

Per questo servirebbe l’aiuto dei cacciatori, ai quali la Regione tende una mano insperata in un periodo storico nel quale, lo riconosce la stessa assessora, «la loro categoria sta perdendo moltissime adesioni, perché non è socialmente accettata e tra i giovani l’interesse è praticamente scomparso». Dunque, la richiesta di poter dare maggiore sfogo alla propria passione dovrebbe trovare terreno fertile e, invece, non è così. «Non tutti, ma una parte del mondo venatorio non gradisce impegnarsi tutto l’anno», si rammarica la Caselli

«Per molti c’è il timore che a ottobre, quando si apre la stagione della caccia, non ci siano abbastanza animali, noi abbiamo provato a convincerli che di cinghiali ne abbiamo in abbondanza, ma non c’è stato verso», prosegue. Un atteggiamento che rappresenta anche una mancanza di rispetto, secondo l’esponente della giunta regionale: «Molti cacciatori vivono il territorio come fosse di loro gestione, dimenticandosi che esiste anche una responsabilità verso tutta la comunità». Inoltre, non bisogna dimenticare che la legge prevede il possesso dell’animale ucciso solo nei periodi di caccia, mentre negli altri mesi la proprietà spetta allo Stato: «Un incentivo completamente diverso», conclude la Caselli.

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