di Cristina
Degliesposti
BOLOGNA
Partiti sono partiti, in quantità. E i volumi di servizi erogati ci sono, eccome. Ma gli obiettivi sono ancora lontani dall’essere stati centrati. Per i Cau emiliano-romagnoli – i Centri di assistenza e urgenza fortemente voluti dalla Regione per alleggerire la pressione sui pronto soccorso dei codici di bassa gravità – la partenza è in salita. Lo dicono i numeri a cinque mesi dall’apertura del primo Cau a Budrio, nel Bolognese. La rete, che a regime si avvarrà di una cinquantina di centri in Emilia-Romagna, è riuscita ad abbattere il numero di accessi ai vari pronto soccorso di appena il 6%. Eppure, solo alcuni mesi fa la stessa Regione aveva caldeggiato l’apertura dei Cau sostenendo che ben il 70% dei codici gestiti dalle emergenze fossero bianchi o verdi. Ai Cau serve tempo: perché la cittadinanza li conosca, li testi, ma soprattutto trovi lì le risposte cercate. Ed è qui che si gioca una delle partite più delicate, perché non tutti i Cau sono uguali: per dotazioni strumentali, per esperienza dei medici arruolati e per l’orario di apertura che lungi dall’essere 24 ore su 24, sette giorni su sette ovunque ma più spesso 8-20. Poi c’è lo spinoso fronte interno dell’arruolamento dei professionisti della sanità dei Cau e l’inquadramento salariale.
A cinque mesi dall’apertura di Budrio sono stati 77.797 gli accessi registrati. Un volume enorme di utenti gestiti. "I Cau stanno venendo percepiti in maniera positiva dall’utenza – sostiene Lavinia Carmela della segreteria regionale Cisl –. Abbiamo però chiesto alla Regione un tavolo di monitoraggio sui dati. La riduzione dei tempi d’attesa è significativa e i residenti dell’Emilia-Romagna non pagano il ticket per i codici bianchi e verdi. Resta ancora il tema dei pagamento chiesto ai residenti fuori regione (20 euro, ndr) che in città come Bologna impattano su studenti e lavoratori". Il lavoro sui Cau, però, è appena all’inizio e dei correttivi necessari. "Il decongestionamento sui pronto soccorso della città è stato importante – rilevano Pietro Giurdanella, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Bologna e Simone Passarini, coordinatore rsu del Sant’Orsola e sindacalista Uil –. Serve tempo, tuttavia c’è un primo fenomeno già tangibile e che riguarda gli anziani e le loro esigenze di assistenza infermieristica". In queste settimane sono stati registrati infatti numerosi accessi impropri "da parte di badanti o familiari di anziani per medicazioni di ulcere da decubito, cateterismo vescicale e terapie endovenose per le quali occorrebbe potenziare progetti al domicilio, come l’infermiere di prossimità".
Parla invece senza mezzi termini di "progetto nato male" Roberto Pieralli, presidente regionale Snami e lui stesso medico d’emergenza, che punta il dito sull’idea alla base dei Cau ritenuti "per le funzioni assegnate, poco più di una guardia medica". All’origine il progetto "ci veniva presentato ai tavoli con l’obiettivo di azzerare i codici bianchi e verdi nei pronto soccorso – ricorda –, ma dicemmo subito che era sbagliato come approccio: ci sono codici bassi che necessitano comunque di diagnostica, come Tac o radiografie, che trovi solo in ospedale e non in tutti i Cau". A cinque mesi dall’avvio, inoltre, "non è stato attivato il numero telefonico europeo 116117 per l’utenza che non deve perdere tempo a presentarsi direttamente al Cau ma poter capire, con un operatore, se andare lì o al pronto soccorso". Nel Bolognese, spiega Pieralli, "abbiamo picchi anche del 18% di persone che dai Cau vengono dirottati nei pronto soccorso, con ambulanza", ma soprattutto "non è detto che nei Cau ottieni la risposta cercata anche solo a causa del medico che trovi in turno in quel momento". E qui ’inciampa’ Ippocrate. "Non è facile trovare medici di medicina generale, sono troppo pochi – spiega –. Dei 158 posti a tempo indeterminato messi a bando nei Cau solo sei sono stati assegnati. Sono stati quindi inseriti a tempo specializzandi o specializzati che seguono un apposito corso di formazione di 30 ore. Ma ci sono zone in regione dove si fatica a coprire i turni". E su quest’ultimo punto c’è già chi pensa di inserire i medici di base nella turnazione nei Cau.