Coronavirus Bologna, due fratelli di Molinella muoiono a pochi giorni di distanza

Beppe e Ignazio non ce l'hanno fatta. Ricoverata la moglie di uno di loro: "Sembrava una influenza..."

Da destra: Ignazio (polo verde), Francesco; al centro Giuseppe, Antonio e Bernardo

Da destra: Ignazio (polo verde), Francesco; al centro Giuseppe, Antonio e Bernardo

Molinella (Bologna), 11 aprile 2020 - Prima Ignazio, il 2 aprile, poi Giuseppe, mercoledì. Sterminati dal Covid-19 e nemmeno degnamente salutati. Le regole di questo maledetto virus. "Erano i miei fratelli", ricorda in lacrime Francesco, il secondo più giovane dei cinque Licari di Molinella. Un’intera famiglia sterminata – ora sono rimasti lui, Antonio e Bernardo: 65, 72 e 75 anni – con un destino che troppe volte è stato beffardo. Il figlio di 12 anni di Francesco ucciso da una macchina, la moglie di Giuseppe portata via da un ictus, quella di Ignazio ricoverata per coronavirus ma fortunatamente dimessa martedì. "La vita – riprende il 65enne – non è mai stata clemente, ma ci siamo sempre rimboccati le maniche, abbiamo reagito e anche questa volta ne verremo fuori". C’è un nipotino da crescere ("la nostra forza"), c’è una vita che deve andare avanti, nonostante tutto. Ci sono Giuseppe e Ignazio da ricordare e da poter piangere sulle loro tombe quando tutto questo sarà finito.

"Una semplice influenza". Metà marzo, il virus è all’inizio della sua fase più aggressiva. Molinella paga già un conto salatissimo tra morti e contagiati. "Prima si è ammalato Ignazio, subito dopo Giuseppe – attacca il fratello – Partiti entrambi con una banale influenza andata avanti una settimana. Con i medici che dicevano di aspettare perché andare in quel momento in ospedale sarebbe stato molto rischioso". Ma aspettare, sussurra ora Francesco, è stato "semplicemente un disastro". Perché la polmonite "si è presa tutti e due". Il 14 Ignazio è al Bellaria, tre giorni più tardi Giuseppe prima all’ospedale di Budrio e poi al Maggiore.

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«Voglio scappare». L’ultima voce di Ignazio, arriva con un messaggio vocale: affaticato, le parole escono a rilento. "Come va?", chiede Francesco. La risposta fa rabbrividire: "Ho trascorso una notte d’inferno, sto malissimo, volevo scappare da quel casco per la respirazione". Da quel momento il buio. La sera del 2 aprile Ignazio viene intubato, poche ore più tardi il suo cuore non batte più. Ora tocca a Giuseppe, il 17 inizia il calvario ospedaliero: "Avevo notizie di lui – ricorda ancora Francesco – dalla figlia, all’inizio sembrava che la situazione potesse migliorare. Lo speravamo tutti...". Proprio il giorno prima cercò di tranquillizzare il fratello con un altro messaggio: "E’ venuta la dottoressa, mi ha detto che i polmoni sono liberi. Vedrai che sarà solo influenza...". Nulla di questo, l’indomani viene ricoverato in gravi condizioni. Anche lui fatica tremendamente a respirare. "Mercoledì hanno chiamato per chiederci se volevamo dargli l’estrema unzione".

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Lo strazio. Come con Ignazio, anche con Giuseppe sono tantissime le attestazioni di stima che stanno arrivando alla famiglia Licari. A partire da "Ugo, Sanzia, Matteo, Elena, Giacomo, Anna e tutti i colleghi" ’Della Concordia’, l’azienda dove "Beppe" aveva trascorso parte della vita. "Ci mancherà il tuo affacciarsi al portoncino dell’officina per un saluto – così una nota – o magari solo per un senso di nostalgia verso il posto di lavoro". Poi c’è il cognato, Massimiliano Cinti: "Mi hai insegnato che nella vita bisogna comportarsi bene, essere onesti, altruisti. Perché alla fine conta quello che sei e quello che lasci agli altri". Oggi anche Giuseppe verrà cremato, il carro funebre poi transiterà davanti alla casa dei fratelli. "Non siamo nemmeno riusciti ad abbracciarci – lo straziante saluto di Francesco – e ora siamo stremati. Ma ne usciremo anche questa volta con il tuo aiuto e del nostro Ignazio".

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