Bologna, 9 marzo 2020 - Ma se lunedì devo andare da Bologna a Modena per lavoro che succede, mi fermano al confine? Se entro poi non posso più uscire? Il susseguirsi di leggende metropolitane, dalla serata di sabato a oggi, ha caratterizzato questi giorni di assorbimento del nuovo picco da Coronavirus. E il nuovo decreto del presidente Conte ha complicato alcune interpretazioni, in via di scioglimento con nuovi provvedimenti. Ma intanto, sul fronte occupazionale, cosa si può fare e cose si può fare se qualcuno deve andare a lavorare fuori città? Vediamolo insieme.
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La prima parte del decreto circoscrive la cosiddetta ‘zona arancione’, che comprende la regione Lombardia e le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia. Non c’è Bologna, per ora fuori da qualsiasi stretta ad hoc. Detto questo, il dettato del Dpcm è chiaro: per quanto riguarda le zone prima citate, bisogna "evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori" indicati, "nonché all’interno dei medesimi territori" fatta eccezione "per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute". Ed è conseguentemente consentito "il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza".
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Cosa si può fare, cosa è vietato
Da Bologna quindi ci si può tranquillamente muovere per andare a lavorare a Modena (o in qualsiasi altra zona arancione) con dei motivi comprovati. Anche con attestati sottoscritti dall’azienda o dal proprio datore di lavoro. Ogni spostamento provato per motivi di lavoro non può essere negato. In questo senso, è autorizzata normalmente la movimentazione delle merci. Viceversa, chiunque voglia andare da Bologna a visitare le belezze architettoniche di Treviso per ora deve rimandare. Il decreto raccomanda anche ai datori di lavoro pubblici e privati di "promuovere, durante il periodo di efficacia del presente decreto, la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie". Anche i motivi di salute danno un’ineccepibile ragione per muoversi senza problemi dalle zone non arancioni, come Bologna. Qualsiasi impegno scritto per visite mediche, oppure prescrizioni particolari, danno il diritto a non essere ostacolati in questi movimenti tra province oppure tra regioni. Agli accompagnatori dei pazienti, però, è vietato "permanere nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso", salve "specifiche diverse indicazioni del personale sanitario preposto".
Al Sant’Orsola
Significativa la decisione presa dal Sant’Orsola per i propri lavoratori residenti o domiciliati. "Al momento la direzione dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna – Sant’Orsola – si legge in una nota pubblicata sul sito del Policlinico – ritiene che le comprovate esigenze lavorative e la residenza possano essere dimostrate e documentate con il badge e il documento di identità. Sarà cura della direzione aggiornare costantemente il personale a fronte di comunicazini ufficiali che dovessero pervenire nel corso della giornata". Insomma, una decisione che sicuramente snellisce le operazioni al Policlinico in un momento molto delicato come questo.
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