Covid Bologna: famiglia segregata in casa aspettando il certificato di guarigione

Padre, madre e figlia sono negativi dal 10 novembre, ma è impossibile contattare l’Azienda sanitaria

La famiglia Becciani abita a Calcara, in Valsamoggia

La famiglia Becciani abita a Calcara, in Valsamoggia

Bologna, 1 dicembre 2020 - Segregati in casa dopo venti giorni dal tampone negativo. È la situazione paradossale nella quale si trova la famiglia Becciani che abita a Calcara: padre, madre e una figlia sedicenne che il 18 ottobre ha manifestato i primi leggeri sintomi del Covid, certificato dal tampone eseguito il 30 ottobre.

L’1 novembre con l’esito positivo scatta la conseguenza diretta: su disposizione del dipartimento di sanità pubblica i genitori e la figlia sono messi in isolamento per almeno 10 dieci giorni. "E’ stata l’unica telefonata ricevuta dalle autorità sanitarie. Io ero sul lavoro, mi hanno telefonato e sono subito tornata a casa. Così come il mio compagno. Abbiamo famigliari fragili da questo punto di vista. Siamo entrati tutti due in malattia e da allora non si è più sentito nessuno. Grazie all’aiuto della mia dottoressa io sono riuscita a fare il tampone risultato negativo e Giulio è risultato negativo al sierologico".  

Insomma dal 10 novembre, quando il tampone di controllo eseguito dalla figlia è risultato negativo, la famiglia Becciani è restata confinata in casa nonostante fossero tutti sani e la quarantena finita.

"Le abbiamo provate tutte per ottenere il certificato di guarigione che permettesse a noi di tornare al lavoro e a nostra figlia di potere uscire di casa. La nostra dottoressa che ci è stata sempre vicina ha scritto all’Ausl per certificare la guarigione e sollecitare la certificazione. Ma non c’è niente da fare. E nell’incertezza sul da farsi siamo ancora qui, dietro le sbarre del cancello...", spiega papà Giulio.

Esasperata mamma Rossella: "Ho chiamato in continuazione il numero di riferimento e nessuno risponde! Un giorno ho composto il numero 54 volte. Fino a quando lo stesso centralinista ha avuto pietà di noi e mi ha detto che purtroppo siamo nella stessa condizione di decine e decine di persone che non ricevono nessuna risposta...".  

Lo stesso sindaco di Valsamoggia Daniele Ruscigno, che dall’inizio della pandemia ha allestito un ufficio che tiene i contatti con tutti i positivi, ammette la situazione paradossale: "Solo in Valsamoggia ci sono una ventina di situazioni come questa. Nonostante il Dpcm preveda che dopo 21 giorni i negativizzati possono rientrare al lavoro o a scuola, ci sono scuole e aziende che chiedono il certificato. Ora è chiaro che il contact tracing è saltato e che l’Ausl non riesce a fare fronte a queste situazioni. Siamo in una incertezza normativa sottolineata anche dalla Regione. Noi collaboriamo attivamente ed inviamo tutti i giorni la lista dei guariti ma ad ora senza esiti purtroppo", ammette Ruscigno che conferma la scelta di collaborare con l’Azienda Usl e il nuovo modello di tracciamento dei positivi fatto con l’aiuto dei sindaci del territorio.  

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