CLAUDIO CUMANI
Cronaca

Fracassi: "Pirandello e la forza delle parole"

L’attrice da giovedì all’Arena con ‘La vita che ti diedi’ di Braunschweig: "Opera sul bisogno dell’arte salvifica dell’immaginazione"

Fracassi: "Pirandello e la forza delle parole"

Fracassi: "Pirandello e la forza delle parole"

È una storia di madri. Di Donn’Anna Luna, capace di far vivere attraverso la sua fantasia una nuova vita a un figlio lontano al punto da non piangerlo quando questi morirà perché il ricordo è più vero della realtà. Di Donna Fiorina, sorella e in fondo un po’ madre di Donn’Anna Luna. E di Francesca Noretti, mamma di Lucia, la fidanzata incinta del figlio scomparso. "Sono madri differenti – racconta Federica Fracassi che ne La vita che ti diedi interpreta sia Fiorina che Francesca – ma tutte attraversate dalla necessità della cura". Il testo di Pirandello datato 1923 è tornato ora sulle scene italiane in un importante allestimento prodotto da Stabile di Torino ed Ert e firmato da Stéphane Braunschweig, il direttore dell’Odeon di Parigi che negli ultimi anni ha affrontato diverse pièce del drammaturgo siciliano. Lo spettacolo, da giovedì al 12 maggio all’Arena del Sole, è interpretato, oltre che da Fracassi, da Daria Deflorian (che è Donn’Anna Luna), Cecilia Bertozzi, Fulvio Pepe, Enrica Origo, Caterina Tieghi e Fabrizio Costella. La vita che ti diedi fu scritto da Pirandello per Eleonora Duse che non lo interpretò mai e debuttò, appunto nel 1923, a Roma con Alda Borelli protagonista: da sempre è il banco di prova per grandi attrici, da Paola Borboni a Valeria Moriconi, da Sarah Ferrati a Marina Malfatti. Ispirato ad alcune novelle scritte dall’autore fra il 1914 e il 1916 sull’onda emotiva provocata dalla carneficina della Grande Guerra, il testo si interroga di fatto sul rapporto fra i vivi e i morti e sul rifiuto dell’elaborazione del lutto. Temi universali che spiegano come il teatro serva per affrontare la vita.

Signora Fracassi, lo spettacolo dimostra che Pirandello è molto contemporaneo e non polveroso come molti credono?

"Sorrido pensando che nel film Il capitale umano di Virzì interpretavo una critica teatrale che si scagliava contro Pirandello definendolo di una noia mortale. Con Braunschweig abbiamo lavorato soprattutto sulla forza delle parole del testo così attuali perché ognuno di noi ha una propria verità e conosce le strategie per superare il dolore. È interessate il ragionamento attorno alla morte: non piangiamo le persone scomparse, di cui conserviamo il ricordo, perché non le vedremo più ma perché loro non ci possono vedere".

Come mai Pirandello definisce ‘La vita che ti diedi’ una tragedia?

"Perché la tragedia va oltre il dramma e ha a che fare con i tabù. E quale tabù è più forte di un fatto inaccettabile come la perdita di un figlio? Questa è una tragedia sospesa che parla del bisogno dell’arte salvifica del teatro e dell’immaginazione. La follia non esiste perché ha a che fare con l’immaginazione, una risorsa che paradossalmente spesso manca a chi come noi in questa epoca è bombardato da immagini. E che il teatro restituisce".

Come si è trovata nel lavoro con questo maestro della regia europea?

"Di Braunschweig mi hanno colpito la capacità di mettersi in ascolto e il metodo di lavoro capace di profondità e di ripartenze. Credo che mi abbia chiesto di interpretare due madri così diverse proprio per sottolineare la centralità di questa figura. Francesca, la madre di una figlia che aspetta un bambino da un uomo che non c’è più, vuole evitare che la ragazza diventi un donna perduta. Fiorina ha una psicologia differente: sa che i figli cambiano comunque quando partono".

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