Giacomo Oldrati, le vittime. "Noi? Inascoltate. Ecco il risultato"

Le vittime del 2012 nuovamente sotto choc dopo l'ennesimo episodio riguardante il 'guru del corallo': "Abbiamo paura"

Giacomo Oldrati in una foto d'archivio

Giacomo Oldrati in una foto d'archivio

Bologna, 6 giugno 2019 - Sotto choc. Le quattro ragazze che furono vittime di Giacomo Oldrati, qui a Bologna nel 2012, alla notizia di quanto avvenuto a Milano – la rinnovata violenza del loro ex aguzzino nei confronti di una nuova ragazza – rabbrividiscono. «Questa storia mi ha rovinato gli ultimi sette anni di vita – racconta una di loro –. Il giudice non ci ha ascoltate e ora questo è il risultato».

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E non si può non rabbrividire riportando alla mente quanto una di loro (la ragazza oggi trentatreenne che per due anni fu la fidanzata di Oldrati prima che desse segni di instabilità) disse ai cronisti del ‘Carlino’ subito dopo la sentenza che lo assolse perché incapace di intendere e di volere: «Ora ho paura. Ma più che per me, ho paura per la prossima ragazza che finirà sulla sua strada, perché Giacomo Oldrati è un seriale e non si fermerà. Lui è una persona bipolare con deliri di onnipotenza e la violenza è una sua scelta. Una scelta consapevole». La ragazza, assieme alla sua ex coinquilina, un’altra delle vittime di Oldrati, si era costituita parte civile al processo e assieme all’amica era presente in aula al momento della lettura del verdetto dei giudici.

La giovane donna all’epoca era difesa dall’avvocato Pier Francesco Uselli. «Certo che ho parlato con la mia assistita – risponde lui oggi –. Posso commentare solo che ce lo aspettavamo. Lei non è spaventata, né arrabbiata: si aspettava che qui, al tribunale di Bologna, le cose andassero diversamente e che Oldrati venisse condannato. Mi ha chiesto perché la sentenza non è stata diversa, ho cercato di spiegarle che l’incapacità non c’entra nulla con la responsabilità di una persona, ma è difficile fare accettare una cosa simile a chi ha subìto così tanto. Ora, aspettiamo di vedere cosa ne sarà di questo caso a Milano».

L’altra giovane costituita parte civile era assistita dall’avvocato Maria Virgilio: «È comprensibilmente sotto choc, non vorrebbe mai essere costretta a ricordare quei momenti – dice di lei l’avvocato –. Con gli episodi di Milano, oggi, siamo ancora più certi che la nostra tesi di allora fosse giusta. Valutiamo il ricorso». Nel processo infatti Virgilio sostenne che «secondo i nostri consulenti, Oldrati non era totalmente incapace di intendere e volere. Quindi avevamo chiesto un verdetto diverso. Per noi doveva rispondere dei suoi atti, visto che si tratta di un manipolatore». In ogni caso, la sua assistita si vide riconosciute tutte le violenze subìte per mano di Oldrati, e in aula la tossicologa confermò l’utilizzo della sostanza ricavata dal corallo come stupefacente.

La procura, durante il processo dei fatti del 2012, chiese per Oldrati sì l’assoluzione, ma che fosse messo in una Rems, cioè le strutture che hanno sostituito quello che era l’ospedale psichiatrico giudiziario. Invece, i giudici disposero per lui un anno di libertà vigilata con l’obbligo di seguire il percorso terapeutico già intrapreso durante il processo e lui si ricostruì una vita, andando a vivere a casa dei genitori, a Milano, sua città d’origine, e trovando peraltro un lavoro come cuoco.

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