Gli specialisti del Ris cercano la verità su Biagio

I carabinieri di Parma saranno chiamati a esaminare i resti trovati nel fossato del Parco Nord e il giaccone con i documenti di Carabellò

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di Nicoletta Tempera

Saranno gli specialisti del Ris di Parma a prendere in mano, per la seconda volta in sei anni, il caso Carabellò. Nei prossimi giorni, forse già all’inizio della prossima settimana, è atteso il primo riscontro, fondamentale, per avere la certezza che le ossa ritrovate martedì in un fossato del Parco Nord appartengano a Biagio. L’esito del test del Dna che, estrapolato dai resti, verrà confrontato con quello della mamma del quarantaseienne scomparso nel nulla il 23 novembre del 2015 dalla Bolognina. Dna già campionato e già nella disponibilità dei laboratori delle forze dell’ordine, perché utilizzato per la comparazione del sangue sul Woolrich di Carabellò, trovato nell’armadio del quarantaaseienne dalla sorella mesi dopo la sua scomparsa.

Superato questo primo step, qualora come tutto lascia supporre teschio e ossa siano proprio dell’operaio della Bolognina, i carabinieri del Reparto investigazioni speciali dovranno svolgere i delicati accertamenti sui poveri resti e, soprattutto, sul giaccone trovato accanto allo scheletro. Un indumento rimasto cinque anni in balìa di animali, di sole, pioggia e gelo, ma che potrebbe ancora parlare. Se infatti alcuni strappi possono essere frutto dell’incedere degli anni in simili condizioni ambientali, non è escluso che altri possano raccontare una storia diversa. Tagli prodotti da una lama, macchie di sangue latenti, anche tracce di polvere da sparo: gli esperti del Ris dovranno tirare fuori una storia da quell’indumento lacero. E dai resti umani di Biagio: molto difficile, senza tessuti, ma non impossibile scoprire se la morte sia avvenuta per cause violente, come pensano i famigliari dell’operaio e il loro avvocato, Barbara Iannuccelli. "Mercoledì – spiega il legale, che non ha mai smesso di cercare la verità su Biagio – sono stata al Parco Nord, sul luogo del ritrovamento dei resti. Come mi hanno spiegato i residenti, prima che iniziassero gli interventi per la pulizia del fossato che hanno permesso il rinvenimento del corpo, qui c’erano soltanto cespugli e sterpaglie praticamente impenetrabili. Difficile che qualcuno possa aver nascosto il corpo di Biagio qui, lo avrebbero notato. E allora il sospetto, sempre più forte, è che l’acqua lo abbia trascinato in questo fossato. Anni fa, dopo aver ricevuto una lettera anonima che mi diceva di cercare Biagio ‘vicino all’acqua’ con il Soccorso alpino individuammo un tombino al parco di Villa Angeletti che si apriva su un canale. Se qualcuno vi avesse buttato un corpo, sarebbe stato trascinato via, perdendosi nella rete di cunicoli e canali che passano sotto la città. E magari sarebbe anche potuto arrivare qui". Il corpo di Carabellò, dal 2015 al 2018, quando il caso venne archiviato, era stato cercato ovunque: al parco di Villa Angeletti, in tutta la Bolognina, lungo il Reno con i sommozzatori dei vigili del fuoco. Nessuna traccia dell’operaio quarantaseienne, visto per l’ultima volta in via Tiarini e poi scomparso nel nulla. Per riaffiorare, ormai polvere, quasi sei anni dopo tra i rovi e l’erba alta.

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