Il guru delle fiere mondiali: "Facciamo affari e cultura. Distretto bolognese al top"

Nick Dugdale Moore, direttore regionale Europa di Ufi, sottolinea l'importanza delle fiere come motore economico e culturale per le comunità. Le fiere come la Children Book’s Fair a Bologna attraggono talenti e favoriscono connessioni umane essenziali, soprattutto dopo la pandemia

Il guru delle fiere mondiali: "Facciamo affari e cultura. Distretto bolognese al top"

Il guru delle fiere mondiali: "Facciamo affari e cultura. Distretto bolognese al top"

Percepire la filiera delle fiere non solo come un bacino economico, ma come un arricchimento e una costola fondamentale per le nostre comunità a livello sociale e culturale. È questa la chiave di lettura di Nick Dugdale Moore, direttore regionale Europa di Ufi, Associazione mondiale dell’industria fieristica, in visita la scorsa settimana alla Children Book’s Fair, fiera del libro per ragazzi, a Bologna.

Dugdale Moore, com’è stata la kermesse?

"È stata la mia prima volta alla fiera del libro per ragazzi, un’occasione molto stimolante. Passeggiando per i padiglioni, ho parlato con espositori e visitatori provenienti da tutto il mondo. Ho sentito parlare ogni lingua. È una delle fiere più internazionali che abbia visitato dopo tempo".

Questa fiera attrae i giovani talenti.

"In tutti i settori abbiamo bisogno di attrarre la prossima generazione di talenti, e qui ho potuto vedere, in tutte le aree, molti giovani. Un segnale molto incoraggiante".

Cosa pensa del distretto fieristico bolognese?

"È wow. Uno dei centri fieristici più importanti del Paese, molto internazionale. Credo che il 20% dei ricavi arrivi dall’estero. La Fiera è una parte fondamentale per la comunità locale, non solo da un punto di vista economico, del quale giovano tutti settori cittadini e regionali. Diciamo che le fiere sono un catalizzatore economico, ma non solo quello".

Ci spieghi meglio la sua idea?

"Con le fiere raduniamo innovatori e talenti, per ispirare e incoraggiare le generazioni del domani, in questo caso gli scrittori e gli editori. È fondamentale l’evento fieristico anche in ambito sociale, ambientale e culturale".

In che modo?

"Prendiamo ad esempio la pandemia, che ha colpito il nostro settore nel modo peggiore. Siamo stati i primi a chiudere e gli ultimi ad aprire e, nel frattempo, i nostri spazi sono stati usati come centri di vaccinazione o per i tamponi. Abbiamo davvero aiutato la comunità. Durante il lockdown, siamo rimasti connessi tramite Internet. Ma non è la stessa cosa: come esseri umani, abbiamo bisogno di incontrarci faccia a faccia, così come ogni settore e industria. Ogni comunità trova il modo di incontrarsi, per conoscere quali sono i nuovi prodotti, per valutare insieme le opportunità di business. E le fiere nel post Covid hanno dimostrato proprio questo. Svolgiamo un ruolo importante in ambito sociale e culturale, e siamo un motore economico. Gli studi dell’Ufi hanno dimostrato che le fiere hanno sempre risultati migliori rispetto alla crescita del Pil globale. E se si vogliono attrarre investimenti in Italia, bisogna investire sulle fiere. Anche la politica deve capirlo".

Che cos’è l’Ufi e chi rappresenta?

"Siamo l’Associazione mondiale dell’industria fieristica. Contiamo poco più di 900 membri in tutto il mondo, organizzatori di fiere e sedi espositive. E il processo è similare ovunque nel mondo, come in Italia così in Germania, in Cina o in America. Riuniamo la comunità degli organizzatori per risolvere le problematiche, migliorandoci e crescendo insieme".

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