Bologna, immigrazione clandestina e truffa. Le tariffe dell'imprenditore

I carabinieri hanno recuperato il listino delle prestazioni e un’agendina su cui erano segnate con precisione tutti i pagamenti o eventuali crediti e da chi fossero emessi

Sulle indagini anche l’Inps e l’Ispettorato territoriale del lavoro (foto d'archivio)

Sulle indagini anche l’Inps e l’Ispettorato territoriale del lavoro (foto d'archivio)

Bologna, 30 gennaio 2020 - Un vero e proprio 'tariffario' delle prestazioni e un’agendina su cui erano segnate con precisione tutti i pagamenti o eventuali crediti e da chi fossero emessi. L’agenda è stata trovata dai carabinieri durante la perquisizione a casa dell’imprenditore Maurizio Bendini, ora in carcere dopo la misura cautelare disposta nei suoi confronti dal gip Alberto Gamberini per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla truffa ai danni dello Stato e all’induzione alla falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale. Così, secondo il ’tariffario’, ricostruito grazie anche alle intercettazioni telefoniche – stando alle ricostruzioni degli inquirenti, Bendini aveva quotidianamente contatti con decine di persone, "clienti" di numerose nazionalità differenti che si rivolgevano a lui grazie al passaparola – un contratto di lavoro costa dai 500 ai mille euro, un 730 per la dichiarazione dei redditi 500, una busta paga 800. Tutti pagamenti in contanti, se è vero che nel conto corrente intestato all’imprenditore gli spostamenti di denaro riguardavano "cifre esigue", sempre secondo l’accusa. Meticolosamente registrati nell’agendina, dove venivano indicati nome del cliente, importo o acconto versato ed eventualmente quanto mancava da pagare e la prestazione richiesta. In alcuni casi, poi, i prezzi venivano stabiliti in base alle possibilità economiche del richiedente, cosicché venivano applicati notevoli ’sconti’ e lo stesso servizio si faceva pagare anche meno di cento euro. Ma se si conta un giro di affari nell’ordine dei 200 clienti in due anni, si può stimare per gli indagati un ammontare di guadagni in nero di circa 200mila euro. Senza contare le indennità che sarebbero state indebitamente  erogate dall’Inps: in quel caso, il danno stimato nei confronti dello Stato raggiunge i 500mila euro. Secondo l’accusa poi l’imprenditore e la moglie, proprietari delle due imprese ritenute fantasma, risultavano datori di lavoro domestico di oltre 60 dipendenti. Non solo: dopo la perquisizione nel 2017, l’imprenditore avrebbe creato una ulteriore società "fantasma" con sede legale a casa propria, emerge dalle indagini delle forze dell’ordine. Intanto, è stato avviato l’iter di recupero delle somme indebitamente percepite ai danni dello Stato, fa sapere la Questura. L’attività d’indagine continua, anche per risalire a eventuali altri casi simili. Sabato ci saranno gli interrogatori dei cinque indagati.

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