Ladro ucciso a Bazzano, il pm rivaluta l'accusa. "Omicidio colposo"

Il procuratore capo di Bologna ipotizza un’accusa meno pesante. "Legittima difesa? Resta il dubbio"

Il corpo della vittima trasportato fuori dal parco della villa presa di mira dai ladri

Il corpo della vittima trasportato fuori dal parco della villa presa di mira dai ladri

Bologna, 8 dicembre 2019 - Tre colpi. Sparati alla cieca, dalla finestrella che dà sui campi. Uno fatale, che centra alla schiena il giovane ladro che cade morto nello spiazzo di fronte alla casetta del custode di Villa Gessa a Bazzano, ai piedi dei Colli bolognesi. I primi esiti dell’esame balistico descrivono un quadro preciso di come sarebbero andati i fatti nella tenuta alle 4 del mattino di giovedì. Una dinamica che dimostrerebbe - se confermata - lo stato d’animo con cui ha agito Stefano Natalini, 68 anni, custode della villa, indagato per omicidio preterintenzionale.

Stando a quanto emerso, dei cinque colpi esplosi dal suo revolver, tre sarebbero stati sparati da una finestrina sul lato sinistro della casa. Dopo aver sentito «delle voci straniere» all’ingresso dell’abitazione, Natalini, che non è mancino, avrebbe messo fuori da quella finestra solo la mano armata, la sinistra, poi sparato a caso. Intanto la vittima (20-25 anni, carnagione chiara) non ha ancora un nome: nessuna delle impronte, infatti, è presente nei database delle forze dell’ordine.

Lo stesso accertamento è stato richiesto a tutti i paesi dell’est. I carabinieri, inoltre, hanno acquisito le immagini da tutte le telecamere di sorveglianza nella zona di via Ghiarino a Bazzano per individuare gli spostamenti della banda che, prima della morte del giovane, aveva messo  a segno almeno altri cinque colpi. Il punto sulla vicenda  lo abbiamo fatto con il procuratore Giuseppe Amato. 

EDITORIALE Cinque spari sulla campagna elettorale - di M. Brambilla LEGGI ANCHE Si cercano i proiettiliTurismo dell'orrore nella villa del delitto Procuratore Giuseppe Amato, partiamo dalla fine: la tragedia di Villa Gessa rappresenta, per usare le parole del sindaco Daniele Ruscigno, «il fallimento dello Stato»? "Lo capisco e gli sono umanamente vicino. Il sindaco ha un compito anche ingrato, perché è l’esponente di una collettività colpita da un episodio come questo. Ma parlare di fallimento dello Stato mi sembra ingeneroso nei confronti dello stesso e soprattutto degli sforzi che i suoi rappresentanti stanno mettendo in questo territorio. Dire che il territorio è insicuro, è qualcosa che probabilmente non è corrispondente al vero". Ma tutti i furti e, soprattutto, i nove denunciati solo la notte della tragedia? "Certo, se uno rapporta la situazione attuale a quella di 10-20-30 anni fa, probabilmente c’è un contesto di criminalità diffusa che è sicuramente aumentato. Vedendo però i fatti gravi di questi ultimi mesi e anni, per tutti la risposta si è sempre cercato di darla". Veniamo al delitto. L’autopsia ha già fornito le prime verità: un unico colpo mortale? "Esatto. Il ragazzo è stato attinto alla scapola destra con ritenzione del proiettile. Ora attendiamo la perizia balistica per avere altre risposte, poi la contestazione, ragionevolmente, potrebbe essere riqualificata in omicidio colposo". Sta dicendo che cadrà la preterintenzionalità? "Quella è stata un’iscrizione ragionevolmente tecnica. Ma il tema vero è un altro...". A cosa si riferisce? "Si tratta di verificare se esiste o meno la scriminante della legittima difesa. Per farlo, stiamo valutando se c’era l’assoluta e inderogabile necessità di esplodere i colpi in quella direzione. Le modalità di sparo e il luogo dove i proiettili sono finiti, saranno determinanti. E solo quando avremo questi risultati, potremo trarre tutte le conseguenze. Anche la nuova legge, rispetto alla precedente, non attribuisce un diritto incondizionato all’utilizzo dell’arma". Stefano Natalini racconta di aver sparato mettendo fuori dalla finestra solo la mano. Tutto plausibile? "Queste sono dichiarazioni che, come tutte, vanno verificate e che hanno, giustamente, una finalità difensiva; ma non è che sulle dichiarazioni noi costruiamo il processo. È una sua ricostruzione da valutare anche alla luce della balistica". L’indagato parla di cinque, sei persone sotto casa... "Sicuramente erano una pluralità, o non ci sarebbero state le voci. Su questo diamo totalmente credito alla sua versione". "Non sparate, ma chiamate noi". Così, ieri, il colonnello Pierluigi Solazzo: concorda? "Sposo pienamente le sue indicazioni: la collaborazione del cittadino con le forze dell’ordine è essenziale perché non è possibile controllare militarmente un territorio così vasto. Ho molto apprezzato, poi, la sua scelta di implementare il numero delle auto presenti sul territorio". E la Procura cosa può fare in questo contesto? "L’impegno nostro è essere up to date (aggiornati) rispetto alla definizione dei processi che ci potrebbero capitare. Su questa vicenda, assieme alla collega Manuela Cavallo, daremo una risposta che sia più rapida possibile e chiariremo come vada esattamente qualificata".   

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