CHIARA CARAVELLI
Cronaca

La Forgia, la moglie Mariachiara Risoldi: "Eutanasia non legale? É una crudeltà feroce, Antonio soffriva molto"

La moglie ricorda la malattia dell’ex presidente della Regione "Mio marito pensava che il diritto di morire va lasciato a tutti. La sedazione profonda? Mi chiese di essere al suo fianco nella scelta"

Mariachiara Risoldi "Eutanasia non legale? É una crudeltà feroce Antonio soffriva molto"

Bologna, 9 febbraio 2023 – "Andare incontro alle volontà di una persona che soffre, significa prendersene cura". Mariachiara Risoldi, moglie dell’ex presidente della Regione Emilia-Romagna, Antonio La Forgia, ricorda la malattia del marito e torna a parlare della mancanza di una legge sull’eutanasia legale in Italia. L’ex deputato, infatti, è morto a giugno dello scorso anno ricorrendo alla sedazione profonda dopo una lunga battaglia contro il tumore.

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Signora Risoldi, qual è la sua posizione sul suicidio assistito?

"Sono pienamente favorevole. Costringere una persona ad andare in Svizzera per morire è una crudeltà. Io ho il Parkinson, una malattia degenerativa che so dove mi porterà. Nel mio scenario futuro, qualora non dovessi più essere autosufficiente, sceglierei di ricorrere al suicidio assistito".

Suo marito ha invece scelto la sedazione profonda.

"Sì, ne abbiamo iniziato a parlare pochi giorni dopo la diagnosi di tumore. Mio fratello era morto l’anno prima dopo una lunga malattia che lo aveva portato a soffrire molto. Quando Antonio scoprì di essere malato, la prima cosa che mi disse fu: “Io non voglio diventare un pezzo di carne pieno di dolori“. Da quel momento, mi misi in contatto con l’Associazione Luca Coscioni per avere informazioni sul fine vita in Svizzera e con l’Ant (Associazione Nazionale Tumori, ndr): alla fine scegliemmo la via della sedazione profonda".

C’è stato un momento, nella prima fase della malattia, in cui suo marito ha pensato di fare marcia indietro?

"Mai. Antonio, ancora prima di scoprire il tumore, ha sempre pensato che alle persone dovesse essere lasciato il diritto di morire. Lui trovava addirittura ingiusto che i malati diventassero dei casi politici. Quando ne discutevamo insieme, mi chiedeva di essere al suo fianco, di non contrastarlo nelle sue decisioni".

Ha mai pensato di farlo?

"Assolutamente no. Anzi, sono felice di averlo assecondato. La sera prima lo vidi urlare di dolore, il giorno dopo chiamai subito la dottoressa per la sedazione. Non potevo più vederlo così. Sono stati cinque lunghi giorni, di sofferenza e di dolore. Siamo un paese ipocrita, la sedazione profonda è, di fatto, una lenta eutanasia, ma non viene dichiarato. Per la legge il suo corpo era costretto a rimanere qui, ma la sua mente era già arrivata in un luogo leggero".

Quanto conta quindi una legge sull’eutanasia legale in Italia?

"È importantissima. Per chi si trova in una condizione di grande sofferenza, al punto di maturare una scelta come quella del suicidio assistito, è un’angoscia doversi porre così tante domande e altrettanti problemi su come morire. Una persona si chiede “come faccio?“, vive in una condizione di spavento e impotenza. Mi sembra davvero una crudeltà feroce, non solo per il malato, ma anche per i suoi parenti".

Da famigliare, come ha vissuto la malattia di suo marito?

"Mi sono sentita impotente di fronte al suo dolore. Ho solo pensato di dargli tutto il supporto possibile, cercando in ogni modo di alleviare la sua sofferenza".